Si dice che aveva un diametro di decine di chilometri e quando si schiantò sulla Terra, 66 milioni di anni fa, cambiò il corso della vita del nostro Pianeta. Parliamo dell'oggetto che impattò a Chicxulub, in Messico, che ha lasciato un cratere, al largo della costa messicana, che presenta un diametro di circa 150 chilometri e una profondità di 20. Ma gli effetti non si esaurirono qui.
Fine dei dinosauri. Il devastante impatto causò infatti la brusca fine del regno dei dinosauri, innescando la loro improvvisa estinzione di massa, insieme alla cancellazione di quasi tre quarti delle specie animali e vegetali che allora vivevano sulla Terra. Da quando si è ipotizzato questo evento, era rimasta aperta una domanda: «Dove si originò l'oggetto che provocò tutto questo?». Ora due ricercatori di Harvard pensano di avere la risposta.
Uno studio pubblciato su Scientific Reports descrive una nuova ipotesi che potrebbe spiegare l'origine e il viaggio di questo oggetto dall'impatto catastrofico. Attraverso una serie analisi statistiche e di simulazioni, lo studio dimostra che una cometa proveniente dalla nube di Oort (una gigantesca "ciambella" che si trova ai confini del sistema solare, dove vi sono centinaia di migliaia di comete), fu spinta fuori rotta dal campo gravitazionale di Giove durante la sua orbita e la "forza di marea" del Sole la spezzò in vari frammenti.
Il flipper giove. Alcuni di questi hanno attraversato l'orbita terrestre e uno ha colpito la Terra. Stando ai ricercatori il fenomeno dovrebbe avvenire almeno una volta nell'arco di tempo di 250-730 milioni di anni circa. Giove, in sostanza, agisce come un flipper, spingendo queste comete di lungo periodo su orbite che si avvicinano di molto al Sole, fino al punto in cui le orbite finiscono per alterarsi non per la fusione del ghiaccio che le compone (che di solito è una frazione piuttosto piccola rispetto alla massa totale), ma in conseguenza del fatto che la faccia della cometa rivolta verso il Sole percepisce una forza di attrazione gravitazionale molto più elevata rispetto all'altra. Il risultato è quella che viene definita una "forza di marea" distruttiva, un fenomeno che può causare la frantumazione delle comete in comete più piccole. E c'è una possibilità statistica che queste comete più piccole colpiscano la Terra.
Secondo i calcoli effettuati dagli autori dello studio, le possibilità che le comete di lungo periodo abbiano un impatto sulla Terra sono 10 volte maggiori rispetto a quanto ipotizzato finora.
Lo studio fornisce dunque (anche) una base per spiegare l'evento di Chicxulub e di altri simili, quando altri oggetti hanno colpito la Terra nel passato, producendo crateri simili, per dimensione, a quello di Chicxulub.
Composizioni. Alla base di questa ipotesi c'è, secondo i ricercatori, la circostanza che in molti crateri sono state trovare tracce di oggetti con una "composizione primitiva" (condrite carboniosa) del sistema solare, diversa da quella degli asteroidi che, seppur di poco, hanno una composizione mineralogica più evoluta. Questo è importante perché l'ipotesi maggiormente accettata finora sull'origine di Chicxulub afferma che l'oggetto che impattò con la Terra sia stato un frammento di un asteroide molto grande che proveniva dalla "fascia principale", che è una popolazione di asteroidi che ruota tra l'orbita di Giove e Marte.
Questa ipotesi, però, si scontra col fatto che appena un decimo di tutti gli asteroidi della fascia principale presenta una composizione a condrite carboniosa, caratteristica comune, invece, alla maggior parte delle comete di lungo periodo. In altre parole, è più probabile che sia stata una cometa la protagonista dell'impatto e non un asteroide.
Qualche dubbio. Questa ipotesi tuttavia, lascia alcuni dubbi: il primo riguarda il livello di iridio trovato un po' in tutto il pianeta che risale proprio a 66 milioni di anni fa. L'iridio, come è noto, è un elemento presente negli asteroidi e non nelle comete. In secondo luogo, c'è da chiedersi quanto sia stata grande la cometa che impattò con la Terra per creare condizioni tali da alterare il clima del pianeta in modo così profondo. Domande alle quali, per il momento, i ricercatori non hanno dato una risposta.