L'analisi dei sedimenti e di alcuni organismi fossili prelevati dai fondali oceanici ha permesso di chiarire le ragioni del progressivo raffreddamento atmosferico verificatosi a partire dall'Eocene (il periodo geologico più caldo degli ultimi 66 milioni di anni) e proseguito fino a poco prima dell'inizio dell'era industriale.
Il lavoro (pubblicato su Nature), che ha visto un'importante contributo di Claudia Agnini, del Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Padova, è il primo a presentare una mole di dati che copre l'intero Eocene (dai 56 a 34 milioni di anni fa) e si distingue per la localizzazione inedita dei carotaggi oceanici, effettuati nel Golfo di Guinea: una vasta insenatura nell'Atlantico in corrispondenza dell'Africa occidentale.
Termometri marini. Di norma le ricostruzioni dei periodi particolarmente torridi del passato, caratterizzati da un'alta concentrazione di CO2, e per questo presi a modello per lo studio delle conseguenze del global warming, si basano sull'analisi dei resti di foraminiferi bentonici, protozoi dal guscio mineralizzato che vivono a stretto contatto con i fondali.
Prelevati alle latitudini polari, i resti dei foraminiferi offrono una "fotografia" delle antiche temperature in acque profonde. Il loro studio ha permesso, negli anni, di ipotizzare un progressivo raffreddamento delle temperature terrestri e dei mari iniziato nell'Eocene inferiore e medio, continuato con la formazione della calotta antartica (da 34 milioni di anni fa) e proseguito fino all'era pre-industriale.
Cambio di prospettiva. Le nuove analisi permettono di ricostruire, invece, la temperatura delle acque superficiali, e per di più a latitudini equatoriali, attraverso lo studio di sedimenti di tipo diverso: nello specifico la membrana lipidica di organismi appartenenti al phylum degli Thaumarchaeota, che fanno parte del dominio di organismi unicellulari degli Archaea.
Allo studio dei sedimenti, recuperati nel 1995 durante un imponente progetto di perforazione oceanica e conservati perfettamente per oltre 20 anni, hanno partecipato anche le Università di Utrecht (Olanda), la Purdue University (Stati Uniti) e le Università di Southampton (Inghilterra) e di Brema (Germania).
La ricerca ha confermato anche all'equatore il progressivo riscaldamento delle acque superficiali: durante l'Eocene inferiore, inferiore-medio, medio-superiore e superiore le loro temperature medie furono rispettivamente di 29, 26, 23 e 19 °C (nell'era pre-industriale risultavano di circa 14,4°C).
La diminuzione della CO2. Ciò ha permesso di risalire alla causa di questo raffreddamento: non il cambiamento della circolazione oceanica dovuto alla separazione tra Antartide e Australia (40-34 milioni di anni fa) e all'avvio della Corrente Circumpolare Antartica, ma una progressiva riduzione della CO2 e di altri gas serra in atmosfera.
Se infatti il primo fattore, quello oceanico, avrebbe causato un riscaldamento delle regioni equatoriali e un raffreddamento di quelle polari, il secondo (riduzione dei gas serra) avrebbe portato a una trasformazione omogenea, uguale a tutte le latitudini. Come effettivamente il nuovo studio dimostra.
La ricerca conferma, con uno sguardo al passato, un dato cruciale per il futuro del pianeta: quanto, cioè, una riduzione dei gas serra sia cruciale per il contenimento delle temperature.