Avete mai notato guardando a lungo un semaforo lampeggiante che già dopo pochi secondi l’intermittenza sembra sempre più rapida? Ma se si sposta momentaneamente lo sguardo su un altro oggetto e poi si guarda di nuovo il semaforo questo sembra tornare a lampeggiare più lentamente. In realtà il semaforo lampeggia sempre nello stesso modo, siamo noi che lo percepiamo diversamente. E questa percezione visiva altera anche il nostro senso dello scorrere del tempo. È quello che hanno scoperto alcuni ricercatori del San Raffaele di Milano in collaborazione con la University of Western Australia, l’Università di Firenze e il CNR di Pisa, che ha dimostrato come la percezione del tempo da parte del nostro cervello dipende da dove guardiamo.
Questione di adattamento. Alla base del fenomeno ci sarebbe una funzione di adattamento sensoriale: dopo una prolungata stimolazione il cervello si adatta e diventa meno reattivo. Quello che succede per esempio quando in un luogo c’è una illuminazione troppo intensa: inizialmente è fastidiosa ma dopo un po’ gli occhi si "abituano", oppure con gli odori forti che a un certo punto quasi non si sentono più.
Nell’esperimento i ricercatori hanno osservato un gruppo di volontari mentre guardavano su un monitor alcune barre bianche e nere che apparivano in modo casuale e si muovevano velocemente. Dopo qualche secondo ciascun volontario doveva valutare per quanto tempo ognuna delle barre era rimasta visibile sullo schermo. Tutti i soggetti erano portati a sottostimare il tempo di permanenza della barra di un certo colore, quando questa appariva e scompariva per più volte di seguito nella stessa posizione. Come se vederla per più tempo, facesse scorrere il tempo più velocemente.
Gli orologi del cervello. Il risultato dell’esperimento, secondo i ricercatori, mette in evidenza che il senso dello scorrere del tempo è frutto di un meccanismo diffuso in tutto il cervello e non in una sola area. Probabilmente nella testa abbiamo tanti orologi indipendenti, "tarati" su ogni singolo stimolo sensoriale, che - in base allo stimolo stesso - dilatano o comprimono il tempo. Questo meccanismo complesso, secondo i ricercatori, ci permette di svolgere diversi compiti in contemporanea, come guidare l’auto in mezzo al traffico mentre si sta pensando a tutt’altro. Quasi come se vivessimo due "dimensioni" parallele.