Scienze

Cloud seeding: un esperimento riuscito negli USA

È stato condotto con successo il primo esperimento in condizioni reali di semina delle nuvole per indurre la neve: la tecnologia è però ancora molto lontana dal poterlo fare su vasta scala.

Disseminare particelle nelle nubi per fare piovere o nevicare, a comando: quando si parla di cloud seeding, la difficoltà di effettuare studi scientifici efficaci - ripetibili anche fuori dal laboratorio, nelle incostanti condizioni meteo del Pianeta - apre la strada a scontate discussioni su complottismi, con gli "urlatori da tastiera" pronti a chiamare in causa presunti complotti (appunto) ed esperimenti più o meno nascosti di ingegneria del clima.

Nebbia fitta. La verità è che in decenni di tentativi di semina delle nubi, dagli anni '40 a oggi, abbiamo accumulato poche evidenze sulla reale efficacia di questa tecnica al di fuori delle condizioni miniaturizzate e perfette dei laboratori. In parte perché gli strumenti del passato non erano in grado di misurare le gocce d'acqua all'interno delle nubi, e capire così se le sostanze in esse disseminate (come lo ioduro d'argento) avessero prodotto risultati. E poi perché ripetere l'esperimento in modo controllato è virtualmente impossibile, in natura: non esiste una nube uguale all'altra e le condizioni di temperatura, umidità, vento e pressione cambiano continuamente.

WMO, nuvole, nubi, Cloud Atlas, Nuovo Atlante delle Nuvole
Homomutatus (vedi anche: International Cloud Atlas). La spiegazione delle tracce più amate dagli sciachimisti: nuvole che si formano sotto l'influenza di forti venti dove il cielo è solcato da scie di aerei che rimangono persistenti. Le nubi successive somiglieranno a cirri o a cirrocumuli. © WMO, New International Cloud Atlas

Facciamo un po' d'ordine. Ora, grazie a nuovi strumenti di precisione, un gruppo di scienziati statunitensi è riuscito a effettuare l'esperimento sopra alle montagne dell'Idaho e a descriverne la catena di eventi su una rivista scientifica, Proceedings of the National Academy of Sciences, dalla formazione del ghiaccio alla crescita dei cristalli, fino alla loro precipitazione a terra.

Tuffo controllato. Il team ha aspettato che sulle montagne sudoccidentali dell'Idaho si accumulassero nubi di temperature comprese tra 0 °C e -15 °C, abbastanza fredde da formare ghiaccio (ma è improbabile che ci riescano spontaneamente). Quando si è presentata la nuvola giusta, un velivolo di ricerca ha effettuato in essa una serie di virate a zig-zag, rimanendo posizionato tra due radar di terra, capaci di rilevare le dimensioni delle goccioline d'acqua e il numero di quante si sono trasformate in cristalli di neve.

Chi getta semi nelle nuvole, farà fiorire il cielo: quello che sembra un proverbio cinese è l’ipotesi avanzata dell’Amministrazione meteorologica cinese per seminare le nuvole e fare piovere, per pulire l’aria dallo smog che affligge le grandi città cinesi. In questo caso la tecnica usata prevede di lanciare razzi. Per approfondire: il drone semina pioggia. © Eyevine/Contrasto

Nelle sue manovre, l'aereo ha disseminato ioduro d'argento (un composto usato per questo tipo di esperimenti, altamente insolubile in acqua) prima da taniche e poi attraverso le ali, per fornire un nucleo attorno al quale potessero accumularsi gocce, fino a formare cristalli abbastanza grossi e pesanti da cadere al suolo. Un secondo aereo ha volato nell'area per raccogliere dati scientifici.

Nell'arco di un paio d'ore i fiocchi di neve si sono formati lungo il percorso attraversato dall'aereo inseminatore, passando da pochi micrometri (millesimi di metro) a 8 millimetri di diametro: raggiunta quella misura hanno iniziato a precipitare.

La concentrazione di fiocchi nelle nubi inseminate è risultata da 100 a 1.000 volte superiore rispetto alle altre.

Salto di qualità. In passato si è parlato di tentativi di cloud seeding per anticipare precipitazioni o nevicate e tenere "all'asciutto" eventi sportivi o festività nazionali, ma non è così frequente che si studi il fenomeno con precisione scientifica. Le osservazioni sono comunque preliminari e ben lontane dal poter essere usate per controllare il meteo ("manipolarlo", diranno gli urlatori da tastiera di cui sopra) e contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. Piuttosto, faranno da base per nuovi esperimenti controllati di questo tipo.

24 gennaio 2018 Elisabetta Intini
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