Quando nel 2012 il Cern diede l’annuncio della scoperta del bosone di Higgs, i giapponesi si fecero promotori di un progetto per un LHC (Large Hadron Collider) più grande e potente dell'attuale, per spingere la ricerca oltre gli attuali confini. A distanza di 4 anni, gli scienziati giapponesi sono più cauti: oggi affermano che un eventuale, nuovo acceleratore del tipo dell'LHC dipende sia dalla capacità dell’attuale LHC di scoprire nuove particelle che non rientrano nel Modello Standard della fisica delle particelle (cosa che non è ancora avvenuta) sia dagli sviluppi del progetto cinese per un nuovo acceleratore, più potente dell'LHC.
Il progetto giapponese, chiamato ILC (International Linear Collider) prevede di far scontrare elettroni e positroni lungo un pista di 31 chilometri di lunghezza, a fronte del circuito circolare di 27 chilometri dell'LHC, dove si scontrano protoni.
Qual è il migliore? A parte la lunghezza, la differenza profonda sta nelle particelle che si scontrano e nelle conseguenze delle collisioni. Gli scontri tra protoni (LHC) creano un gran numero di particelle spurie, perché i protoni sono composti da quark; con il progetto ILC le particelle in gioco sono invece quelle fondamentali, ossia non composte da altre particelle, e dunque i risultati sarebbero più “puliti” e più semplici da interpretare.
Recentemente il Ministero della ricerca giapponese ha fatto sapere che ogni decisione verrà spostata al 2018, dopo che l’LHC avrà raggiunto la sua massima potenza e ottenuto (si spera) i risultati più attesi. Se l’LHC scoprirà nuove particelle, allora l’ILC potrebbe diventare realtà. Tuttavia, poiché i costi stimati sono attorno ai 10 miliardi di dollari, sarà necessario che il Giappone trovi numerosi partner economici e scientifici affinché il progetto possa realizzarsi.
La rincorsa della Cina. Anche un gruppo di ricercatori cinese, guidato dal Fisico Wang Yifang, direttore dell’Istituto di fisica delle alte energie a Pechino, nei mesi dopo la scoperta dell'Higgs, ipotizzò un collisore di particelle che potrebbe essere realizzato per il 2030.
Più simile all’LHC per forma e per particelle accelerate, avrebbe però una circonferenza compresa tra i 50 e i 100 km, così da sviluppare energie almeno 7 volte superiori a quelle dell’LHC. Anche il progetto cinese dipenderebbe molto da contributi scientifici e (soprattutto) economici internazionali. Contributi che, se questo fosse il progetto principe, verrebbero sottratti al progetto giapponese.
L’idea del Cern. Anche al Cern si pensa al futuro e, stando a Fabiola Gianotti, attuale direttore del centro, si potrebbe aumentare la potenza dell’attuale l’LHC con un costo di “soli” 5 miliardi di dollari.
L’investimento porterebbe però a una macchina con potenza comunque inferiore a quelle ipotizzate da giapponesi e cinesi, perciò l'ipotesi del potenziamento sembra avere molti sostenitori.
In tutto ciò gli Stati Uniti mantengono un distaccato silenzio: in realtà stanno lavorando con i neutrini, che potrebbero anch’essi portare a scoperte importanti per interpretare o reinterpretare il Modello Standard. Hanno insomma scelto una strada differente per la ricerca nel mondo sub-nucleare, ma sarebbero comunque partner economici e scientifici in uno dei progetti di super-collisori.