Un volto umano su un vassoio, che sembra fissare stupito i chirurghi attorno al tavolo operatorio: mostra letteralmente una delle facce della medicina moderna, questa immagine, una delle 28 finaliste del Wellcome Photography Prize 2019, che premia le più significative immagini legate alla scienza e alla medicina, e il cui vincitore verrà annunciato il 3 luglio.
L’immagine, scattata dalla fotografa americana Lynn Johnson, mostra il momento cruciale di un controverso e complicato intervento chirurgico, il trapianto di faccia cui nel 2017, a 21 anni, è stata sottoposta, Katie Stubblefield, forse la più giovane paziente a essersi sottoposta a questo ancora raro ed eccezionale tipo di trapianto.
La storia di Katie è tragica e incredibile. Nel 2014 ha tentato il suicidio con un colpo di pistola sotto il mento: soccorsa immediatamente dai familiari, i medici sono riusciti a salvarla, ma il suo volto è rimasto orrendamente sfigurato. Occhi, naso, labbra, ossa, tessuti molli, tutto il viso era gravemente danneggiato, quasi distrutto. Nei quattro anni successivi, Katie è stata sottoposta a 22 operazioni per ricostituire una protezione dei tessuti del cervello (che altrimenti sarebbero rimasti esposti), ricostruire parzialmente la parte centrale del volto, ricreare una parvenza di naso e di bocca, riallineare gli occhi.


L'operazione. Il trapianto di faccia, per cui Katie è rimasta in lista di attesa per un anno, si è svolto alla Cleveland Clinics in Ohio, uno dei pochi centri al mondo a effettuare questo tipo di intervento, ed è durato 31 ore. La donatrice era una trentunenne morta per un’overdose.
Durante l’operazione i chirurghi hanno deciso, con il consenso dei genitori di Katie, di trapiantare una parte molto più consistente dei tessuti, anziché solo alcune parti, come pianificato inizialmente, giudicando che la riuscita potesse essere migliore. Questa mossa ha però contribuito ad aumentare ulteriormente i rischi di rigetto, dato che la pelle è un tessuto che provoca forti reazioni immunitarie.
La storia clinica di Katie, che ha dichiarato che il trapianto le ha dato una seconda occasione di vita, non è ancora conclusa: altri interventi sono programmati per concludere la ricostruzione del volto.


I dubbi. L'intervento per innestare muscoli, tessuti, cartilagini del volto ricavati da un donatore deceduto su quello di una persona con il viso deturpato da traumi o malattie è una delle frontiere più controverse della medicina dei trapianti. Il principale dubbio etico è dovuto al fatto che si tratta di interventi non salvavita che comportano rischi enormi e un prezzo pesante da pagare: l’assunzione a vita di dosi massicce di farmaci antirigetto.
A tutt'oggi risultano eseguiti nel mondo almeno 40 trapianti di faccia, dopo il primo (pionieristico) su una donna francese, Isabelle Dinoire, nel 2005. Isabelle è morta nel 2016, deceduta a causa di un tumore di solito non fatale, ma che probabilmente il suo sistema immunitario, minato dai farmaci antirigetto, non è riuscito a tenere sotto controllo.
Un altro caso straordinario è quello del francese Jérôme Hamon, che ha subito ben due trapianti di faccia, il primo per ricostruire il volto devastato da una malattia chiamata neurofibromatosi, che provoca tumori benigni della pelle; il secondo, questa volta salvavita, dopo che un farmaco gli aveva provocato il rigetto del primo trapianto.


I primi bilanci. In uno studio recente pubblicato sul New England Journal of Medicine sono stati presentati i risultati - a distanza di cinque anni - del trapianto di faccia su sei pazienti operati al Brigham and Women’s Hospital di Boston.
Nel complesso, a parte uno, tutti hanno riportato miglioramenti nella loro qualità di vita. La ripresa di funzione dei muscoli facciali, grazie a cui è possibile non solo la mimica, ma anche i movimenti per aprire e chiudere la bocca, parlare, masticare, a cinque anni dall'intervento era a circa il 60 per cento della capacità, ed era migliorata anche la sensibilità, la capacità di distinguere il caldo dal freddo. Ciascun paziente, però, aveva subito da due a sette episodi di rigetto acuto, superati con i farmaci.
Quasi 15 anni e 40 casi dopo il primo trapianto, le immagini difficili da guardare del volto di Katie "prima" e "dopo" testimoniano l’incertezza e la complessità in cui si muove oggi la medicina, tra possibilità cliniche, dubbi etici e aspirazioni delle persone.