Le appendici sul suo capo tese in posizione di allarme fanno pensare che avesse avvertito l'imminente pericolo, ma non fece in tempo a fuggire: 99 milioni di anni fa, un gasteropode terrestre - una chiocciola - di quello che oggi è il Myanmar, fu investita da una goccia di resina fresca insieme ai suoi cinque piccoli appena partoriti. Quella capsula del tempo ha portato fino a noi uno dei fossili meglio conservati di un animale altrimenti noto soltanto dall'impronta del guscio.
È un ritrovamento molto importante: il frammento d'ambra è infatti anche la testimonianza di un tipo di nascita che con il tempo è divenuta sempre più rara tra questi animali.
Nati vivi. Il fossile rinvenuto dai paleontologi del Senckenberg Research Institute and Natural History Museum di Francoforte, e del Museo di Storia Naturale di Berna, è la più antica prova di viviparità tra le chiocciole, quel tipo di riproduzione in cui l'embrione si sviluppa all'interno del corpo materno e viene quindi partorito. Alcune chiocciole mettono al mondo così la prole ancora oggi, ma la maggior parte di esse depone invece le uova. È possibile che durante il Cretaceo l'essere vivipari servisse a questi gasteropodi per proteggere i piccoli dai predatori.
Nel momento peggiore. Alla specie, descritta sulla rivista scientifica Gondwana Research, è stato dato il nome di Cretatortulosa gignens. Come i suoi più moderni parenti, i molluschi della superfamiglia Cyclophoroidea, probabilmente trascorreva la maggior parte delle giornate a banchettare su foglie morte. Non è chiaro se siano state la fulminea caduta della resina, la sua proverbiale lentezza (per la quale si è imposto l'appellativo di lumaca anche alle chiocciole) o la stanchezza del parto a impedire a madre e figli di mettersi in salvo per tempo: le analisi del reperto con la TAC hanno mostrato che uno dei piccoli era ancora legato al corpo della madre da un filamento di muco.