Venti anni fa, in questi giorni, nasceva la pecora Dolly, primo mammifero clonato. Il suo muso tranquillo finì sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, e nei mesi e anni successivi a lungo si parlò delle possibilità straordinarie e inquietanti che la sua nascita “particolare” aveva aperto, tra cui quella di ricreare copie di persone o animali, magari ridare vita a un bambino morto o al cucciolo di casa. Che ne è stato di queste promesse? A che punto è la clonazione? Quale impatto ha avuto sulla ricerca scientifica?
Cloni da allevamento. Invece che da un uovo e uno spermatozoo, Dolly è nata dalla cellula di una ghiandola mammaria di una pecora, il cui nucleo - contenente il DNA - è stato inserito dentro un ovocita. Una scossa elettrica ha fatto partire il ciclo di divisioni dell’embrione, e alla fine della gestazione è venuta alla luce Dolly.
Il tutto avvenne con una procedura molto inefficiente: ci vollero ben 277 embrioni per far nascere una pecora. Oggi le tecniche sono migliorate, ma la clonazione degli animali da allevamento è ancora un settore di nicchia, seppure in espansione, che dipende anche dalle regolamentazioni nei vari Paesi.
Nel 2008, gli Stati Uniti hanno ammesso la clonazione di mucche, capre e maiali, che vengono utilizzati soprattutto per la riproduzione, mentre in Europa il Parlamento Europeo ha votato per bandire la clonazione di animali da allevamento e la vendita di carne e latte derivati da animali clonati. In Cina un’azienda progetta di iniziare a produrre almeno 100.000 bovini clonati l’anno per la macellazione.
Cuccioli e animali rari. Fin dall’inizio si parlò della possibilità di usare la clonazione per creare fotocopie dell’animale di casa, cane o gatto, ma sebbene diverse aziende si siano lanciate nel corso degli anni su questo fronte nessuna ha avuto grande successo. Non è semplice, le percentuali di successo non sono alte e non c’è naturalmente alcuna garanzia che il clone sia, nel comportamento, la copia dell’animale scomparso.
A resistere sul mercato c’è un’azienda in Sud Corea che offre la clonazione di cani per circa 80.000 euro. Si è parlato anche di clonare animali appartenenti a specie in pericolo di estinzione, o addirittura animali estinti, come i mammut, ma nessuno di questi progetti è finora divenuto realtà.
E, ad oggi, la possibilità di clonare un essere umano è ritenuta fuori dalle possibilità, per i rischi inaccettabili che pone.
Medicina rigenerativa. Se la clonazione in sé è quasi scomparsa dal radar dell’interesse pubblico, non è così per la mole di ricerca cui la clonazione ha dato il via: la nascita di Dolly ha portato a immaginare nuove idee su che cosa è possibile fare manipolando le cellule, e ha fatto nascere tutto il settore della cosiddetta medicina rigenerativa.
In realtà la clonazione in sé, intesa come la tecnica di trasferimento nucleare con cui è stata ottenuta Dolly, è stata per così dire superata dagli eventi. La scoperta, nel 2006, da parte dello scienziato giapponese Shinya Yamanaka del modo per ottenere staminali pluripotenti, in grado di dare vita a tutti i tessuti, facendo “regredire” cellule adulte, ha in qualche modo superato la necessità della clonazione, che oltre a essere più difficile richiede la manipolazione di embrioni.
Sono pochi i laboratori al mondo che ancora tentano la strada della creazione di staminali a partire dagli embrioni. Le cosiddette iPS, staminali pluripotenti indotte, sono oggi alla base della maggior parte della ricerca in questo settore.
E Dolly? La pecora più famosa del mondo è morta nel 2003, all’età di sei anni, prematuramente per una pecora, per una infezione polmonare. Per molti anni si è dibattuto se il fatto di essere nata per clonazione avesse in qualche modo influenzato la sua salute, provocando una sorta di invecchiamento precoce, ma la maggior parte degli scienziati oggi ritiene che non sia così.