Il premio Nobel 2017 per la Chimica è stato assegnato a tre ricercatori le cui ricerche sono state alla base dell'invenzione di una tecnica di imaging al microscopio rivoluzionaria, la microscopia crioelettronica.
I tre ricercatori sono Jacques Dubochet, Joachim Frank e Richard Henderson e la motivazione del Nobel recita “per aver sviluppato la microscopia crioelettronica per determinare in alta definizione le strutture delle biomolecole”.
Ma di che cosa si tratta? Abbiamo fatto alcune domande a Thomas Vaccari, Professore all'Università Statale di Milano per aiutarci a capire la portata di questa tecnologia.
Perché la microscopia crioelettronica è una tecnica rivoluzionaria rispetto al passato?
La microscopia crioelettronica o Cryo-EM permette di vedere più nel dettaglio le strutture di proteine e di componenti delle cellule piccolissimi, con un livello di precisione fino a pochi anni fa inimmaginabile. In estrema sintesi, è come se fossimo entrati in possesso di una macchina fotografica molto più precisa.
Fino a poco tempo fa per lo stesso scopo si utilizzavano principalmente tecniche di cristallografia, molto valide ma molto specifiche, perché necessitano che le strutture cellulari da studiare vengano cristallizzate - e non tutte possono esserlo. Con questa tecnica, invece, le strutture da studiare vengono congelate molto velocemente con un metodo che si chiama vetrificazione.
Che cos'è dunque questa vetrificazione?
È un processo fisico attraverso il quale si congela molto velocemente un campione - un preparato di cellule o proteine in provetta, disperse in una soluzione.
Grazie alla rapidità del congelamento, non si creano dei cristalli ma si trasforma la struttura del campione in una superficie vetrosa, preservandone la qualità e la trasparenza. Si riesce così a visualizzare il campione nel suo stato più naturale e non modificato.
L'avanzamento della Cryo-EM è anche dovuto all'aver sviluppato macchine sempre più precise per raccogliere gli elettroni con cui si bombarda il campione (avanzamento hardware) e al miglioramento dei software che le gestiscono con algoritmi capaci di ripulire il segnale dal rumore di fondo per restituire immagine più dettagliata possibile.
Quante macchine di Cryo-EM ci sono?
Al momento l'unico limite della tecnica è che le macchine sono molto costose, relativamente poche e del costo di svariati milioni di euro. In Italia ne esiste solo una da pochi mesi all'Università Statale di Milano, e nel resto d'Europa ce ne poche per ogni paese, di solito utilizzate 24 ore su 24.
Uno degli aspetti più interessanti della Cryo-EM è che permette di analizzare le fasi dinamiche delle proteine. Che cosa significa?
Quando si visualizza una proteina, questa proteina ha una sua forma.
Ma non ha una struttura rigida, cioè una forma che è sempre quella: può avere una struttura flessibile, e molte delle reazioni che avvengono all'interno di un campione si basano su questa flessibilità. Con la Cryo-EM, a seconda di come è orientata la proteina al momento della vetrificazione, si possono acquisire delle viste diverse, di lato, di fianco, ecc. Questo con tecniche del passato non era possibile: per esempio con la cristallografia a raggi X, le proteine si inseriscono in un cristallo in modo molto rigido, con una sola conformazione. Prima si acquisiva un'immagine sola di una proteina, ora è possibile avere diverse viste del campione, in molte conformazioni diverse prima non facili da catturare, proprio come i fotogrammi di un film.
Quali saranno le ricadute di questa scoperta sulla medicina?
Un esempio naturale è che vedendo molto meglio strutture delle proteine si possono sviluppare farmaci o composti che si vadano a legare sulla superficie della proteina in modo esatto. Possiamo per esempio capire come agire su una proteina che si trova sulla superficie di un virus che deve essere inattivato. Proprio come se avessimo inforcato gli occhiali per vedere qual è il bersaglio in modo preciso.
Nel caso del virus Zika, che ha una superficie molto complicata, la tecnica ha permesso di capire le proteine diverse che ne compongono la superficie, e di vedere queste strutture arzigogolate come arabeschi.
Un altro esempio è l'enzima gamma secretasi coinvolto nella genesi della malattia di Alzheimer. Gli enzimi sono proteine che hanno un'attività, si possono legare a un substrato e trasformarlo. Questo legame dipende da cambi nella struttura del substrato, e con questa tecnica si possono visualizzare tutti questi stati, capendo così come funziona l'enzima.
Un altro "plus" di questa tecnica esemplificato dal caso della gamma secretasi: principalmente le strutture delle proteine che si visualizzano con la cristallografia sono proteine che si trovano nel citoplasma della cellula, che è una soluzione a base d'acqua. Tuttavia molte proteine si trovano, in natura, nelle membrane della cellula, in pratica annegate in foglietti di lipidi. Queste proteine non si trovano bene in una soluzione ed è quindi molto difficile studiarle per cristallografia. La Crio-EM ci permette di vederle nel loro stato e "habitat" naturale.