Utilizzando una serie di dati archeologici raccolti in Sudafrica, un gruppo di scienziati dell'Università di Rochester (New York) è riuscito ad estendere indietro nel tempo di diversi secoli il "diario" delle fluttuazioni del campo magnetico terrestre, fino al primo millennio dopo Cristo.
Lo studio fornisce un contesto storico utile a spiegare la perdita di intensità del campo magnetico terrestre registrata da 160 anni a questa parte, in particolare in un'area dell'emisfero australe nota come anomalia magnetica del Sud Atlantico (South Atlantic Anomaly, SAA), dove l'intensità del campo geomagnetico è particolarmente debole. Proprio sotto quest'area, nelle profondità della Terra, si nasconderebbe il motivo delle fluttuazioni storiche e recenti.
Ribaltamenti. Il campo geomagnetico non determina solamente da quale parte una bussola indicherà il nord: indifferente alle necessità della civiltà dell'uomo, la sua vera e più importante funzione è quella di proteggere la vita, facendo da scudo a radiazioni solari e raggi cosmici.
Periodicamente succede che si inverta: il fenomeno non avviene a intervalli regolari e non ha una spiegazione univoca. Circa 800 mila anni fa, per esempio, i poli magnetici terrestri erano completamente invertiti. Negli ultimi 160 anni invece, l'intensità del campo magnetico ha preso a diminuire in modo progressivo: la regione in cui è più debole - la SAA - si estende dal Cile allo Zimbabwe, ed è in quest'area che gli scienziati statunitensi hanno condotto le loro analisi.
Tracce in argilla. Il team ha analizzato reperti di argilla dell'Età del Ferro (dal 425 al 1550 d.C.) raccolti nella Limpopo River Valley, al confine tra Zimbabwe, Sudafrica e Botswana. In quel periodo la regione era abitata da una popolazione di agricoltori e allevatori di lingua bantu che, nei periodi di siccità, bruciava recipienti contenti grano come rituale propiziatorio. Quando si brucia l'argilla ad alte temperature, si stabilizzano i minerali magnetici della sua struttura: una volta raffreddato, l'oggetto diventa una registrazione fotografica precisa dell'orientamento del campo magnetico di quel periodo.
Oscillazioni del passato. Si è così scoperto che il campo magnetico nella regione ha subito fluttuazioni tra il 400 e il 450 d.C., dal 700 al 750 e dal 1225 al 1550. In base a questi dati, l'attuale Anomalia magnetica del Sud Atlantico sarebbe perciò la più recente manifestazione di un fenomeno ricorrente, che avrebbe origine nel nucleo terrestre - sotto la crosta dell'Africa meridionale - con ripercussioni in tutto il Pianeta.
«Stiamo ottenendo evidenze sempre più importanti del fatto che vi sia qualcosa di insolito nel confine tra nucleo e mantello al di sotto dell'Africa, e che ciò possa avere un impatto importante sul campo magnetico globale», spiega John Tarduno, tra gli autori dello studio.
Si fa qui riferimento a una regione molto estesa a circa 2.900 km di profondità sotto il continente africano, chiamata African large low velocity province, ("ampia provincia africana a bassa velocità"). Questo "blob" di materiale in cui le onde sismiche sembrano muoversi più lentamente è al confine tra la parte più esterna e liquida del nucleo terrestre e il mantello, e potrebbe interferire con i moti del ferro liquido nel nucleo dai quali ha origine il campo magnetico.
Corsi e ricorsi. Secondo i ricercatori, dai dati non si evince necessariamente la possibilità di un'imminente inversione del campo geomagnetico (che avrebbe conseguenze estese, dal disturbo delle linee elettriche al malfunzionamento di sistemi di navigazione, fino all'esposizione della Terra alle più nocive radiazioni terrestri). Piuttosto, si deduce che queste fluttuazioni sono avvenute più volte nella storia "recente" e che potrebbero essere parte di un ciclo geologico più lungo.