Scienze

Che cosa sono le onde gravitazionali

A tu per tu con la scoperta scientifica che ha "scosso il mondo", aprendo nuove vie di comprensione degli eventi celesti più energetici. E che si è appena aggiudicata il Nobel per la Fisica.

La notizia del Nobel per la Fisica che oggi rimbalza sui siti di tutto il mondo è arrivata per la prima volta, attesissima, l'11 febbraio 2016: quel giorno gli scienziati del LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) hanno annunciato di aver trovato, a un secolo dalla loro formulazione teorica, le prove sperimentali dell'esistenza delle onde gravitazionali, le increspature nel tessuto dello spazio-tempo già teorizzate da Einstein.

Ma che cosa sono, esattamente, questi segnali, e perché sono tanto importanti da valere un Nobel? Come si rilevano, e che cosa possono aiutarci a scoprire?

che cosa sono queste increspature? Immaginare le onde gravitazionali è un processo complesso. Provate a pensarle come tracce di "vibrazioni". Così come un'onda elettromagnetica permette di risalire alle vibrazioni del campo elettromagnetico che l'hanno prodotta, le onde gravitazionali consentono di osservare la distorsione dello spazio-tempo, stiracchiato e compresso dalle perturbazioni della forza di gravità che si propagano per l'Universo.

Una rappresentazione concettuale delle increspature dello spazio-tempo, immaginato come una sorta di grande tappeto elastico, perturbato da masse in movimento. © Shutterstock

da dove provengono? Le sorgenti di onde gravitazionali sono in genere grandi masse che subiscono grandi accelerazioni. Le fonti più note sono sistemi binari di buchi neri che orbitano l'uno attorno all'altro fino a collidere. Al centro della notizia del febbraio 2016 c'è stata la rilevazione, il 14 settembre 2015, delle onde gravitazionali prodotte nell'ultima frazione di secondo del processo di fusione di due buchi neri, di massa equivalente a circa 29 e 36 masse solari.

I due colossi si sono fusi in un unico buco nero ruotante più massiccio di circa 62 masse solari: le 3 masse solari mancanti al totale della somma equivalgono all'energia emessa durante il processo di fusione dei due buchi neri, sotto forma - appunto - di onde gravitazionali.

Anche le stelle di neutroni, corpi estremamente densi che ruotano su se stessi molto rapidamente, possono dare origine a queste increspature: l'irregolarità sulla loro superficie provoca onde gravitazionali periodiche nel tempo (mentre in una fusione o collisione, l'intensità delle onde rilevate cresce progressivamente fino al "botto finale"). Le supernovae, stelle in fin di vita, generano onde gravitazionali brevi e intense ("burst"). E una sorta di eco gravitazionale potrebbe rimanere anche dal Big Bang, più debole e più equamente distribuita.

Buchi neri in rotta di collisione: questi sistemi binari sono tra i principali produttori di onde gravitazionali. © LIGO

Da quanto è nota la loro esistenza? Nel 1916, Albert Einstein ipotizzò che le onde gravitazionali potessero essere una naturale conseguenza della sua teoria della Relatività Generale. Einstein aveva rivoluzionato la concezione di gravità: non più una forza tra oggetti distanti, ma piuttosto un effetto geometrico in grado di deformare il tessuto dello spazio-tempo. Se dunque la gravità era in grado di creare increspature, poteva essere che queste fossero in grado di propagarsi.

Einstein tuttavia non si convinse mai a fondo dell'esattezza della sua teoria, che più volte fu sul punto di ritrattare.

Siamo andati a visitare Virgo Advanced. Il reportage, la spiegazione di come funzionano gli interferometri e un modello in realtà aumentata di come si osserva un'onda gravitazionale lo trovi sul numero di Focus in edicola.

Quando sono arrivate le prove? Bisognò arrivare agli anni '70 per una prova - indiretta - del fatto che aveva ragione. In quegli anni, osservando un paio di pulsar che orbitavano l'una intorno all'altra, gli scienziati statunitensi Russell Hulse e Joseph Taylor si accorsero che queste stelle compatte rallentavano avvicinandosi, perché perdevano energia sotto forma di onde gravitazionali - una deduzione che valse a entrambi un Nobel per la Fisica, nel 1993. Le osservazioni del LIGO, con un importante contributo del rilevatore VIRGO a Cascina (Pisa) del 2015, diedero fine a un secolo di speculazioni, con la prima prova sperimentale dell'esistenza delle onde gravitazionali.

Perché è così difficile rilevarle? Nei miliardi di anni che le onde gravitazionali impiegano per raggiungerci dagli eventi che le hanno formate, l'increspatura che producono si riduce fino a una distorsione molte volte più piccola del diametro di un protone. Per accorgersi di una così piccola vibrazione occorrono strumenti molto sensibili - ma anche per distinguerle dalle miriadi di eventi sulla Terra che possono disturbarne le ricerche: un treno di passaggio, lo scorrere di un fiume...

Come si rilevano? I rilevatori più avanzati utilizzano sistemi ottici ultraprecisi fatti da due gallerie disposte ad angolo retto (o ad L). Nei rilevatori del LIGO, ogni braccio è lungo 4 km. Dal vertice della L parte un doppio fascio laser che viene diviso per i due tunnel: arrivato in fondo, ogni raggio laser viene riflesso da uno specchio e torna indietro, dove si ricombina con l'altro.

Schema di funzionamento dei rilevatori del LIGO. © Focus 281

In pratica, quando si reincontrano i due raggi si cancellano, annullando l'uno l'effetto dell'altro. A meno che una lievissima vibrazione non sposti lo specchio in una delle due estremità, causando un'interferenza che è subito rilevata: è quello il segnale sperato (a patto che non si tratti di una falsa pista).

Per una maggiore precisione il LIGO è formato da due coppie di rilevatori (uno a Livingston in Louisiana e uno ad Hanford, nello Stato di Washington). Affinché il segnale sia effettivamente un'onda gravitazionale occorre che entrambi lo rilevino, con uno scarto temporale massimo di 10 millesimi di secondo (il tempo impiegato dal segnale a coprire i 3 mila km che separano i due centri).

Il rilevatore VIRGO dell'INFN che si trova a Cascina (Pisa), funziona in modo analogo e dalla seconda metà del 2017 lavora in tandem con i LIGO, fornendo alle ricerche un valore aggiunto.

Ha infatti una diversa collocazione e orientazione sulla Terra: non è parallelo agli altri 2 interferometri. Questo implica che si può mettere alla prova un'altra previsione della relatività generale, che riguarda la polarizzazione (cioè la diversa distribuzione nella direzione di campo) delle onde gravitazionali.

Anche la sonda dell'ESA LISA Pathfinder si occupa della ricerca di onde gravitazionali, ma nello Spazio (leggi come): i primi risulati pubblicati hanno dimostrato che sta funzionando perfettamente.

Che cosa potrebbero dirci le onde gravitazionali? Possiamo considerarle come un nuovo paio di occhiali da vista spalancati sull'Universo. Finora abbiamo osservato il cosmo all'infrarosso, nella luce visibile, nell'ultravioletto e alle alte energie (raggi x, raggi gamma). Lo abbiamo studiato anche attraverso le onde radio. Le onde gravitazionali potrebbero permetteci di studiare fenomeni non percepibili con altri strumenti. Per esempio, potrebbero aiutarci a studiare la luce residua e la radiazione del Big Bang, arrivando a ridosso della grande esplosione che diede origine all'Universo.

3 ottobre 2017 Elisabetta Intini
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