Secondo il neurologo americano Stanley B. Prusiner che lo ha identificato negli anni Settanta, il prione sarebbe una “particella infettiva proteica”, cento volte più piccola del più piccolo virus.
L’ipotesi prevalente è che il prione sia la versione “maligna” di una proteina che, nella sua forma normale, è del tutto innocua e fisiologicamente presente sulle cellule cerebrali. Non si conoscono ancora i meccanismi di aggressione del prione, ma si sa quale ne è il risultato: la morte del tessuto nervoso, la perdita progressiva dei neuroni, la devastazione del cervello.
Killer spietato. Il prione sarebbe l’agente infettivo della malattia della “mucca pazza”, così come del morbo di Creutzfeldt-Jacob (malattia degenerativa del cervello di cui morì il celebre coreografo George Balanchine) e della malattia del kuru (una forma di demenza riscontrata solo sugli altipiani della Nuova Guinea e dovuta al cannibalismo). Ma c’è chi associa il prione anche al morbo di Parkinson e al morbo di Alzheimer. Nei confronti del prione la scienza medica per ora è del tutto disarmata.