Scienze

Centrale nucleare di Chernobyl: pericolo senza fine

Sotto alle braci nucleari in apparenza spente della centrale di Chernobyl la catena di reazioni prosegue ininterrotta dal 1986 e fa temere una nuova esplosione.

Da quando il reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, esplose nel peggiore incidente nucleare della storia della fissione ad uso civile, il 26 aprile 1986, ancora oggi si riscontrano reazioni di fissione dell'uranio, con conseguente emissione di radiazioni.
 
Per Neil Hyatt, chimico di materiali nucleari presso l'Università di Sheffield (UK), «per fare un esempio, è come se là sotto le macerie dell'edificio del reattore 4 ci fossero le braci ben attizzate di un gigantesco barbecue...». Il problema è così grave che ora gli scienziati ucraini stanno cercando di capire se le reazioni nucleari si abbatteranno da sole o se richiederanno interventi straordinari per evitare altri gravi incidenti.
 
Che cosa succede. Anatolii Doroshenko, dell'Istituto per i problemi di sicurezza delle centrali nucleari (ISPNPP) a Kiev, in Ucraina, ha spiegato a Science che «i sistemi di controllo all'interno della centrale, in una stanza inaccessibile, stanno misurando un crescente numero di neutroni: segnale che la fissione nucleare prosegue». Sono proprio i neutroni, infatti, che colpendo gli atomi di uranio li spaccano in nuclei più piccoli (in sintesi, è la fissione) con l'emissione di radiazioni e altri neutroni, che alimentano la reazione a catena: «Il futuro è incerto», continua Doroshenko, «e non possiamo escludere la possibilità di una nuova esplosione».

Il numero di neutroni aumenta però lentamente, il che fa pensare che si può disporre di diversi mesi, se non di qualche anno, per intervenire e soffocare la minaccia. Qualunque rimedio escogitato dagli scienziati sarà di grande interesse per il Giappone, che sta affrontando le conseguenze del disastro nucleare dell'ottobre del 2011, a Fukushima.
 
Senza fine. Lo spettro di una fissione incontrollata e continua, un meltdown in una situazione da sindrome cinese (dal titolo di un film del 1979), ha perseguitato a lungo Chernobyl fin dall'esplosione del 1986. Nelle settimane successive all'incidente le barre di combustibile di uranio, il loro rivestimento di zirconio e le barre di controllo in grafite vennero ricoperte da tonnellate sabbia nel tentativo di soffocare la reazione, ma tutto ciò che si ottenne fu la fusione del mix in una specie di lava.

L'effetto fu quello di aumentare la fissione dei nuclei di uranio: perché l'acqua rallenta i neutroni, e sono proprio i neutroni lenti ad alimentare la fissione, tant'è che è spesso capitato che in concomitanza a forti piogge il conteggio dei neutroni che guidano la fissione andava alle stelle.

Dopo un acquazzone violentissimo, nel giugno del 1990, uno scienziato di Chernobyl decise di rischiare la sua vita per avvicinarsi il più possibile al reattore e irrorarlo di nitrato di gadolinio, che assorbe i neutroni.
 
Alcuni anni dopo vennero posti degli irrigatori di nitrato di gadolinio sul plafone dell'edificio, ma lo spray non riesce a penetrare efficacemente in alcune stanze delle seminterrato dove si espande la lava d'uranio. Quando nel 2016 il vecchio sarcofago venne ricoperto da un nuovo involucro, costato 1,5 miliardi di euro, con l'interruzione delle infiltrazioni anche il conteggio dei neutroni in diverse parti dell'area della centrale è rimasto stabile o ha iniziato a calare.

Nuovi problemi. Purtroppo però in alcune aree il conteggio dei neutroni ha invece continuato a salire, al punto da raddoppiare in 4 anni in una zona che contiene tonnellate di lava sepolta sotto i detriti. La minaccia non può più essere ignorata, e anche se gli scienziati pensano che non vi sia la possibilità che si ripeta un evento delle dimensioni di quello che avvenne nel 1986, sono comunque concordi nell'affermare che potrebbe esserci una fissione incontrollata dell'uranio che potrebbe portare a un'esplosione.
 
Al momento tuttavia non ci sono neppure i mezzi per poter intervenire e gli scienziati stanno pensando alla costruzione di un robot in grado di resistere alle intense radiazioni, che possa entrare là dove c'è la lava solidificata, praticare dei fori e inserirvi cilindri di boro - capaci di assorbire neutroni e quindi interrompere la catena di reazioni. La questione non è di facile soluzione: vi sono robot utilizzati con successo attorno alla centrale, ma tutti i robot finora inviati nelle zone più calde all'interno dell'edificio della centrale hanno fallito, distrutti dalle intense radiazioni.

13 maggio 2021 Luigi Bignami
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