Una passeggiata in dromedario per la Gran Via di Madrid, un bagno nelle acque del Tamigi... sono scenari possibili, nel 2050, secondo uno studio coordinato dal Crowther Lab (Zurigo, Svizzera), pubblicato su Plos One: nell'arco di trent'anni, sostengono i ricercatori, il clima di alcune città del mondo potrebbero avvicinarsi a quello di luoghi che oggi sono un migliaio di chilometri più vicini all'equatore. Avremmo una Londra-Barcellona, una Madrid-Marrakech, una Mosca-Sofia e una Seattle-San Francisco: lo studio, che ha preso in esame 520 città con più di un milione di abitanti in tutto il mondo, ha evidenziato che in Europa le temperature potrebbero innalzarsi in media di 3,5 °C in estate e di 4,7 °C in inverno, con picchi di 8 °C (per esempio a Lubiana, in Slovenia).
Migranti climatici. Per alcune città del mondo (Yangon, Jakarta, Kuala Lumpur, Singapore e molte altre) il cambiamento sarà profondo e drammatico: «Le condizioni climatiche cui i cittadini dovranno far fronte sono inimmaginabili», commenta Tom Crowther, fondatore di Crowther Lab: «queste città potrebbero trovarsi ad affrontare alluvioni estreme, alternate a periodi di forte siccità. Non siamo preparati a tutto questo: avremmo dovuto mettere in atto piani per mitigare le conseguenze dei cambiamenti climatici già da un pezzo, e prima iniziamo, minore saranno i danni».
La ricerca estrapola ciò che potrebbe accadere a partire da uno degli scenari possibili tra quelli ipotizzati dal Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), definito uno "scenario ottimistico" dagli scienziati di Crowther Lab, che prevede per il 2050 un innalzamento della temperatura globale del pianeta di 1,4 °C (possibile solo a patto di stabilizzare le emissioni di CO2).
«Non avendo mai sperimentato le condizioni climatiche alle quali andiamo incontro è difficile sapere se saremo capaci di adattarci e rimanere nelle nostre città, o se dovremo migrare», afferma Richard Betts, climatologo all'Università di Exeter, che non ha preso parte alla ricerca.
D'altro canto, c'è anche chi mette in guardia contro inutili allarmismi: Friederike Otto, vicedirettore dell'Environmental Change Institute dell'Università di Oxford, sottolinea che la ricerca andrebbe vista solo come un'illustrazione, non come una previsione, poiché le variabili coinvolte sono numerose.
«Lo studio non può prevedere il futuro di Londra», afferma Otto: «per quanto ne sappiamo, le piogge invernali potrebbero anche trasformarla in una città con un clima opposto a quello di Barcellona.»