Bombe e altri residuati bellici risalenti alla Prima e alla Seconda guerra mondiale, e rimasti inesplosi sul terreno, stanno diventando sempre più pericolosi: è la conclusione di due esperti norvegesi di ordigni esplosivi, dell'Università di Stavanger e dell'Istituto Norvegese di Ricerca sulla Difesa, che hanno dimostrato come, a causa della loro composizione chimica, sta aumentando il rischio che queste bombe possano esplodere anche in conseguenza di minime sollecitazioni. Nel loro studio, i cui risultati sono stati pubblicati in un articolo della rivista Royal Society Open Science, Geir Novik e Dennis Christensen hanno descritto i test che hanno effettuato sulle bombe recuperate e spiegato cosa hanno scoperto.
Gli eserciti che hanno partecipato ai due conflitti mondiali hanno rilasciato una grande quantità di ordigni esplosivi in molte aree dell'Europa. Una gran parte di questi, come dimostrato da alcune ricerche in passato, non sono esplosi e sono rimasti imprigionati, integri, nel terreno. Molti sono ancora lì, alcuni periodicamente vengono ritrovati periodicamente in occasione di operazioni di scavo. Secondo l'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra sono oltre 250.000 gli ordigni bellici inesplosi risalenti alla Seconda Guerra Mondiale che contaminano il solo suolo italiano.
tra 5 e 8 metri di profondità. Solo le bombe d'aereo inesplose e risalenti al periodo tra il 1940 e il 1945, sono 25.000 e si trovano a qualche metro (tra i cinque e gli otto) di profondità. Ma non è solo l'Italia ad avere questi problemi. Nel mese di febbraio, ad esempio, una bomba da 500 chilogrammi è stata scoperta nel cortile di una casa a Plymouth, nel Regno Unito. Quella bomba è stata rimossa in sicurezza, ma altri casi non hanno avuto esiti così favorevoli. Una bomba incontrata da un escavatore a Hattingen, in Germania, nel 2008 è esplosa ferendo diverse persone.
L'aspetto più significativo (e anche allarmante) dello studio di Novik e Christensen sta nella conclusione: col passare del tempo queste bombe inesplose stanno diventando più "sensibili" a eventuali sollecitazioni, col rischio che possano esplodere se vengono toccate.
Col passare del tempo. Il problema, hanno notato i due, deriverebbe dal fatto che molte bombe e altri tipi di esplosivi dell'epoca venivano realizzati utilizzando anche l'amatolo, un materiale ottenuto mescolando nitrato di ammonio con TNT (trinitrotoluene). Che, spiegano i ricercatori, diventa sempre più volatile col passare del tempo a causa della lenta esposizione all'umidità, ai metalli nel suolo e ad altri materiali.
Per capire di più i ricercatori hanno condotto anche alcuni test, lasciando cadere materiali pesanti su piccoli campioni di amatolo, raccolti da siti in Europa che erano stati obiettivi di campagne di bombardamento.
In Conclusione. Ciò ha confermato che è molto probabile che tali bombe esplodano anche se vengono disturbate in modo non troppo brusco, come avviene per esempio quando qualcuno ara un orti o un giardino, oppure quando gli operai edili scavano per gettare le fondamenta di nuovi edifici. I ricercatori, in conclusione, suggeriscono (ovviamente) di prendere maggiori precauzioni quando si eseguono lavori di scavo nelle aree dove la presenza di ordigni inesplosi risulta più probabile.