Scovare mine antiuomo, ordigni inesplosi e residuati bellici vari nascosti nel sottosuolo può essere difficile e pericoloso: le tecniche di bonifica utilizzate fino ad oggi fanno affidamento sul fiuto degli animali (cani, maiali e anche ratti) o su robot iper-sofisticati capaci di "vedere" sottoterra con sonar, metal detector e altre apparecchiature complesse e costose.
Batteri molto buoni. Un team di ricercatori della DARPA, l'Agenzia USA che si occupa di "progetti speciali", sta però lavorando a una soluzione più efficace meno costosa: i batteri artificieri, ossia speciali microrganismi geneticamente modificati per attivarsi quando entrano in contatto con un esplosivo. Al progetto collaborano gli scienziati del Worcester Polytechnic Institute e gli specialisti di un'azienda privata, la Raytehon, che opera nel settore delle tecnologie per la difesa.
Piccoli ed efficaci. Il sistema di prevede l'utilizzo di due diversi tipi di batteri: i primi, iniettati nel sottosuolo, quando entrano in contatto con un una sostanza esplosiva inviano un segnale biochimico ai secondi, rimasti in superficie, che di conseguenza diventano fluorescenti. Il cambio di luminosità può essere captato da telecamere installate su aerei, elicotteri e droni, e permette agli operatori di creare una mappa precisa della posizione degli ordigni.
Piaga planetaria. Le mine antiuomo sono state messe ufficialmente al bando nel 1997, ma secondo l'International Campaign to Ban Landmines (ICBL) nel mondo ce ne sono ancora più di 100 milioni che aspettano di essere scoperte e disinnescate. Solo nel 2017 ne sono state trovate oltre 168.000.