Scienze

Ci sono due aree dell'Oceano Pacifico prive di ossigeno

Un team di studiosi ha individuato due aree dell'Oceano Pacifico dove i livelli di ossigeno sono quasi pari a zero. Com'è possibile? Quali sono le conseguenze?

Gli oceani sono ambienti ricchi di vita, ad eccezione di alcune aree dove vi è una notevole scarsità di ossigeno, che per questo diventano invivibili per la maggior parte degli organismi che hanno bisogno di questo elemento. 

Uno per cento, ma... Queste aree sono chiamate "Oxygen-Deficient Zones" (ODZ, zone carenti di ossigeno), occupano globalmente una superficie non superiore all'uno per cento di tutti gli oceani, e sono caratterizzate anche dal fatto che si tratta di aree dove si forma una certa quantità di protossido d'azoto, un potente gas serra, che entra nell'atmosfera.

Gli scienziati del MIT hanno ora realizzato un atlante tridimensionale dettagliatissimo che descrive le due grandi aree interessate dal fenomeno, che si trovano nell'Oceano Pacifico tropicale. 

Perché? Innanzi tutto, perché esistono queste aree e perché si forma protossido d'azoto? Per trovare una risposta vale la pena tenere conto del fatto che, vicino alla superficie dei mari, vi è una vera pioggia di materia organica che precipita dall'atmosfera. I batteri aerobici che vivono nelle acque vicino alla superficie si nutrono di questa materia: l'ossigeno viene utilizzato come parte del processo metabolico batterico e ciò ne determina una diminuzione nell'acqua.

Va sottolineato inoltre come la maggior parte delle aree oceaniche siano caratterizzate da correnti marine che rimescolano in continuazione le acque riportando ossigeno là dove viene a mancare. Vi sono tuttavia alcune zone caratterizzate da una specie di stagnazione delle acque, dove cioè mancano correnti, e questo impedisce un veloce rimescolamento: il risultato è un calo del livello di ossigeno a valori molto bassi, a volte anche prossimi allo zero. A ciò si aggiunge un altro fattore.

Nel regno degli anaerobici. «È stato dimostrato che gli oceani perdono ossigeno man mano che il clima si riscalda. Acque più calde infatti, rilasciano più facilmente i gas presenti al loro interno», afferma Jarek Kwiecinski, che ha lavorato all'atlante insieme a Andrew Babbin, Cecil e Ida Green Career, del Dipartimento di Scienze della Terra, dell'Atmosfera e dei Pianeti del MIT. E le aree con poco ossigeno sono il regno di organismi anaerobici che, con il loro metabolismo, producono il protossido d'azoto che poi si diffonde in atmosfera. Ecco perché queste aree hanno un ruolo così importante nel produrre proprio quel gas serra.

A che serve? La mappatura di queste aree ha richiesto oltre 15 milioni di misurazioni, realizzate da navi scientifiche in molti anni di lavoro.

Le aree a minor quantità di ossigeno sono due: la prima si estende dalla costa del Sud America verso l'oceano e coinvolge circa 600.000 chilometri cubi d'acqua – all'incirca il volume che permetterebbe di riempire 240 miliardi di piscine olimpioniche – mentre l'altra si trova al largo della costa dell'America centrale ed è addirittura tre volte più grande. 

L'atlante fa da riferimento sulle attuali posizioni delle ODZ: il gruppo di lavoro spera che possa essere utile al fine di aumentare le misurazioni e, di conseguenza, monitorare meglio i cambiamenti in queste zone per arrivare a prevedere come potrebbero trasformarsi col progressivo riscaldamento del Pianeta.

19 gennaio 2022 Luigi Bignami
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