L’asteroide dei dinosauri, quello da 14 chilometri di diametro che impattò tra il Messico e l’Oceano Atlantico circa 66 milioni di anni fa, non solo scombussolò il clima del pianeta al punto da causare o con-causare la scomparsa di una gran parte delle specie terrestri, dinosauri compresi, ma produsse uno tsunami che fu probabilmente il più spaventoso che si sia mai prodotto sulla Terra, con onde di oltre 1.500 metri.
Il fronte di questo muro d'acqua da un chilometro e mezzo di altezza sconvolse per chilometri e chilometri le coste e l'entroterra dell'intero pianeta: questo tassello della catastrofe planetaria è descritto da Molly Range e da un team di scienziati delle università di Princeton, del Michigan e del Mit in un articolo presentato alla conferenza annuale dell'American Geophysical Union (dicembre 2018).
Lo studio del team è nato per colmare una lacuna delle analisi dell'impatto: la mancanza di una simulazione globale dello tsunami creato dall'asteroide piombato sull'area che oggi chiamiamo cratere di Chicxulub, nel golfo del Messico. Elaborare il modello è stato molto complesso, come si può immaginare, perché è stato necessario stimare la profondità dell'oceano nell'area dell'impatto, il modo in cui la crosta terrestre "rispose" all'evento, ipotizzare dimensioni e quantità del materiale che ricadde subito dopo l'impatto.
1,5 km d'acqua a 140 km/h. I ricercatori hanno elaborato uno scenario molto attendibile e preciso di ciò che può essere accuduto nei primi 10 minuti dall'impatto, quando il cratere appena formato era profondo quasi un chilometro e mezzo e praticamente non vi era acqua al suo interno. «Subito dopo», spiega Molly Range, «l'acqua del mare si riversò con violenza inaudita nell'immensa depressione, per ritirarsi immediatamente e velocemente», un po' come avviene rovesciando un pentolone d'acqua in un catino, dando origine a un'immensa onda.
Da questo primo quadro i ricercatori hanno sviluppato un modello che ha ricostruito come l’onda si è propagata attraverso gli oceani di tutto il mondo. «Abbiamo potuto farlo partendo dalla forma del carattere, che ha influenzato la propagazione delle onde uscite subito dopo la sua formazione», ha sottolineato la ricercatrice.
Lo studio ci racconta che lo tsunami ha investito l'intero pianeta: nel golfo del Messico l'acqua si è mossa ad una velocità di 143 km all'ora; come in un domino planetario, nelle prime 24 ore gli effetti dell'onda si sono propagati in ogni direzione, verso il Pacifico e attaverso l'Atlantico. diffusi in tutto l'oceano Atlantico per poi raggiungere anche l'Oceano Pacifico.
Alla prima onda, alta un chilometro e mezzo, ne sono seguite molte altre, enormi, alte centinaia di metri - fino ai luoghi più distanti del pianeta, dove le onde hanno raggiunto almeno i 4 metri d'altezza.