Un team internazionale di ricercatori coordinati dall'oceanografa Jennifer MacKinnon, della Scripps Institution of Oceanography (Università della California), ha studiato le dinamiche dei flussi di acqua che dall'oceano Pacifico entrano nel Mar Glaciale Artico, e che, essendo a temperatura superiore (7 °C circa) rispetto alle acque in cui penetrano (0 °C circa), accelerano fortemente lo scioglimento del ghiaccio marino agendo dal di sotto. Lo studio, pubblicato su Nature Communications, descrive questi fenomeni chiamati "bombe termiche sottomarine", finora poco noti, sottolineando che sono uno dei tanti meccanismi con cui il riscaldamento globale sta mutando le caratteristiche del mare Artico più velocemente di qualsiasi altro luogo sulla Terra.
La complessità dell'Artico. Per MacKinnon, «il tasso di accelerazione dello scioglimento del ghiaccio marino nella regione artica è difficile da valutare a causa delle complesse interazioni tra ghiacci, oceano e atmosfera: il nostro lavoro dimostra però come l'acqua dell'oceano abbia un grande ruolo nel riscaldamento di quell'area». I dati raccolti hanno permesso di tracciare i flussi di acqua provenienti dal Pacifico, e, aggiunge Yueng-Djern Lenn (Bangor University, UK), «di analizzare il loro impatto sull'apporto di nutrienti al fitoplancton in prossimità del mare di Beaufort, là dove arriva la maggior parte dell'acqua a temperatura maggiore».
Sacche di acqua calda. L'Artico è un oceano insolito, in quanto è stratificato dalla salinità piuttosto che dalla temperatura. La maggior parte degli oceani del mondo infatti, possiede acqua più calda vicino alla superficie, entro i primi 100-200 metri, e acqua progressivamente più fredda al di sotto. Nell'Artico, invece, c'è uno strato superficiale di acqua fredda e poco salata che arriva dal deflusso dei fiumi e dallo scioglimento dei ghiacci. Quando arriva dall'oceano Pacifico acqua relativamente più calda, e più salata perciò anche più densa, questa "si immerge" e fluisce al di sotto del freddo strato superficiale artico. Si vengono così a creare sacche di acqua più calda intrappolate sotto le acque superficiali: «un fenomeno in deciso aumento negli ultimi dieci anni», afferma MacKinnon.
Sotto l'acqua fredda. Queste sacche sono delle "bombe termiche'': abbastanza ben circoscritte da mantenersi compatte per mesi, o anche anni, si spostano verso nord sotto alla banchisa, trascinate dalle correnti. Il loro calore contenuto si diffonde gradualmente ma costantemente verso l'alto, andando a destabilizzare il ghiaccio superficiale.
Questo processo non era mai stato osservato prima, e non era compreso, con la conseguenza che era trascurato o ignorato dagli scienziati del clima nei modelli di previsione, che perciò sottostimano l'accelerazione dei tassi di scioglimento del ghiaccio marino.
Il nuovo lavoro getta invece uno sguardo molto preciso su quel che sta avvenendo e dato che l'afflusso di acqua calda proveniente dal Pacifico è cresciuto negli ultimi dieci anni, è ora indispensabile rivedere i modelli di fusione del ghiaccio artico, che è una fonte di instabilità climatica di portata globale.