Sopravvivono all'assenza di ossigeno, alle radiazioni cosmiche, al congelamento e ai tuffi in acqua bollente. Eppure i tardigradi, microrganismi estremofili conosciuti per la loro spiccata adattabilità, faticheranno a sopportare gli effetti del riscaldamento globale. Colpa di uno dei loro (rari) punti deboli: resistono alle alte temperature solo per finestre di tempo limitate - mano a mano che passano le ore, gli estremi di calore risultano, per queste creature, sempre più letali.
A far luce su questa debolezza è uno studio su Scientific Reports, che sottolinea l'impatto che il global warming sta avendo e avrà sugli animali, anche quelli considerati più resilienti.
A mali estremi... Le 1300 specie note di tardigradi vivono in ambienti marini o in specchi d'acqua dolce, a contatto con alghe e muschi o nei fanghi vulcanici. Per restare attivi, hanno bisogno di umidità, ma se questa viene a mancare ritraggono testa e zampe riducendo la superficie del loro corpo microscopico (0,3-0,5 mm) ed entrano in uno stato di ibernazione estrema. Questa fase di vita sospesa è nota come anidrobiosi: quasi completamente disidratati, sospendono ogni attività metabolica e resistono in ambienti del tutto inospitali, anche per dieci anni.
Tuttavia, neanche i tardigradi sospesi in questa sorta di "vita latente" sopportano a lungo le alte temperature. In passato, uno studio aveva già evidenziato i rischi che il riscaldamento globale pone per i tardigradi antartici (Acutuncus antarcticus). Ora una seconda specie, il Ramazzottius varieornatus, ha mostrato un'analoga debolezza.
A fuoco lento. Gli scienziati dell'Università di Copenhagen hanno raccolto alcuni esemplari della specie dalle grondaie dei tetti delle case di Nivå, in Danimarca, e valutato gli effetti delle alte temperaure sui tardigradi sia attivi, sia "essiccati". Per i tardigradi non adattati alle alte temperature, la mortalità ha raggiunto livelli del 50% dopo 24 ore trascorse a 37,1 °C: molto meno di quelle segnate in questi giorni dai termometri in Australia, e appena al di sopra della temperatura massima mai misurata in Danimarca (36,4 °C: era il 1975).
Lasciati però acclimatare per un paio d'ore a 30 °C, e per altre due a 35 °C, i tardigradi sono sembrati recuperare un po' di spirito di adattamento, raggiungendo la stessa soglia di mortalità a una temperatura più elevata (37,6 °C). L'acclimatazione migliora le chance di sopravvivenza di questi "orsetti d'acqua", ma non di molto.
Resistenti ma per poco. I tardigradi essiccati possono sopportare temperature più alte: la stessa soglia di mortalità - del 50% dopo 24 ore - è stata osservata a 63,1 °C.
Uno studio del 2006 aveva visto gli esserini resistere a 151 °C, ma per mezz'ora soltanto: la nuova ricerca dimostra che è la durata del tempo trascorso in cottura, il vero problema.