Scienze

Noi Sapiens non abbiamo l'esclusiva di lunghe cure materne

Le madri di Australopithecus africanus allattavano i piccoli molto a lungo, anche oltre un anno: un comportamento che potrebbe aver contribuito all'estinzione della specie.

Poco più di due milioni di anni fa compare sulla scena del mondo il genere umano, con l'Homo abilis, e dovranno passare altri 1,8 milioni di anni prima di arrivare ai primi Sapiens. Ma ancora prima, quasi tre milioni di anni fa, altri lontani progenitori del genere Homo avevano un particolare atteggiamento accudente nei confronti della prole: cure materne, un po' come ai nostri giorni, che si prolungavano per un periodo abbastanza lungo in rapporto alla loro speranza di vita.

Vita tra gli Australopithecus africanus: uno studio su denti fossili mette in luce un comportamento inatteso di un lontano parente del genere Homo, che allattava i suoi piccoli molto a lungo rispetto all'aspettativa di vita. Cure materne che hanno sorpreso i ricercatori, e che forse sono anche state una delle cause dell'estinzione di quella specie

Questi comportamenti sono descritti da uno studio pubblicato su Nature: i piccoli di Australopithecus africanus venivano allattati anche per un anno intero (rispetto ai 15-20 di vita) e questo, secondo i ricercatori che hanno condotto lo studio, potrebbe aver influito sul tasso di riproduzione della specie, riducendo il periodo di fertilità e disponibilità delle femmine, con potenziali implicazioni sulla sua estinzione.

Australopithecus africanus, cure materne
Illustrazione - Scene di vita familiare di 3 milioni di anni fa: il legame madre-bambino degli Australopithecus africanus. © Garcia and Joannes-Boyau

L'ipotesi nasce dall'analisi di denti fossili effettuata da un gruppo internazionale di ricercatori, tra i quali Stefano Benazzi, paleoantropologo al Dipartimento di Beni Culturali dell'Università di Bologna, che ritiene "molto importanti" le conclusioni dello studio alla luce degli eventi evolutivi avvenuti in quel lungo arco di tempo, al termine del quale l'Australopithecus africanus visse in contemporanea all'emergere del genere Homo.

La verità dei denti. L'A. africanus, vissuto nel sud dell'Africa tra 2 e 2,9 milioni di anni fa, in un periodo di grandi cambiamenti climatici ed ecologici, era una specie caratterizzata da una combinazione di tratti scimmieschi e umani. I primi fossili sono stati scoperti circa un secolo fa, e finora non si era mai indagato su aspetti comportamentali come quello del rapporto tra madri e figli.

La nuova ricerca che studiato denti fossili di individui molto giovani con una tecnica laser che ha permesso di analizzare particolari isotopi stabili contenuti nei denti. Poiché i denti crescono aggiungendo ogni giorno strati di smalto e dentina, sono particolarmente interessanti per ricostruire gli eventi biologici che si verificano durante il primo periodo di vita di un individuo, perché conservano precise variazioni chimiche legate agli elementi presenti nel cibo che si mangia. I ricercatori sono così riusciti a leggere le bande di accrescimento successive, che hanno dato importanti informazioni sul comportamento dei piccoli nei primi mesi di vita.

Australopithecus africanus, cure materne
Mappatura geochimica del litio e del bario di un canino fossile di Australopithecus africanus. © Garcia and Joannes-Boyau

«Per la prima volta abbiamo acquisito anche nuove conoscenze su come le madri integravano con latte materno la dieta dei piccoli dopo lo svezzamento, quando le risorse scarseggiavano», spiega Renaud Joannes-Boyau (Southern Cross University (Australia): «abbiamo potuto stabilire, tra l'altro, che il cibo era ricco di litio: un elemento chimico che probabilmente aiutava a ridurre il deficit proteico durante le prime fasi di crescita.»

Dopo il primo anno di vita, durante il quale i piccoli venivano alimentati solo da latte materno, potevano ancora ricevere, occasionalmente, un'integrazione di latte - forse per compensare periodi di grandi privazioni, come durante le siccità, per esempio. I ricercatori vorrebbero ora applicare le stesse tecniche anche su fossili del genere Homo per capire se questo abbia perseguito strategie simili o differenti.

21 luglio 2019 Luigi Bignami
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