Chiunque voglia raccontare una storia affascinante trova nella vita di Alan Turing terreno molto fertile. Lo sa il norvegese Morten Tyldum, regista di The Imitation Game, uscito da pochi giorni nelle sale italiane, ma lo sanno anche Robert Harris, autore del romanzo Enigma e altri scrittori e registi che si sono ispirati alla sua figura. Lo sa perfino un fumettista italiano, Tuono Pettinato, che con Francesca Riccioni ha disegnato il bellissimo Enigma, La strana vita di Alan Turing.
Ciò che ha reso la figura di Turing un soggetto perfetto da romanzare è l'intrecciarsi di una vita personale travagliata, un ruolo decisivo nell'esito della Seconda guerra mondiale e le teorie pionieristiche in materia di calcolo digitale.
Il Nuovo Testamento dell'era digitale. Proprio grazie a queste teorie Turing è considerato da molti il padre dell'informatica. Non è del tutto sbagliato definirlo così, perché, per dirla con le parole di George Dyson nel suo saggio La cattedrale di Turing (Codice Edizioni), Alan Turing si colloca fra il Vecchio e il Nuovo Testamento dei profeti del calcolo digitale. Funge cioè da spartiacque tra coloro che hanno fornito la logica (Leibniz in testa) e coloro che hanno poi costruito le macchine (John Von Neumann).
La macchina di Turing. Il lavoro più noto di Turing è On Computable Numbers del 1936, nel quale il matematico presenta la sua macchina di calcolo logico, poi definita macchina di Turing. «Una macchina di Turing», spiega Carlo Cellucci, professore emerito di filosofia alla Sapienza di Roma, «non è una macchina fisica ma un modello di una macchina ideale consistente in: A) un nastro infinito in entrambe le direzioni, diviso in caselle ciascuna delle quali può contenere il simbolo 0 oppure il simbolo 1. Il nastro rappresenta la memoria della macchina; B) una testina che può leggere il simbolo, 0 oppure 1, contenuto in una casella e scrivere un simbolo in una casella, e può muoversi lungo il nastro, una casella per volta.»
Si tratta soltanto di un modello teorico, poiché prevede un tempo e uno spazio (cioè il nastro) infiniti. Per farvi un'idea però qui sotto potete vederne un prototipo realizzato da Mike Davey e utilizzato nell'introduzione del film The Imitation Game:
Secondo Turing sarebbe stato possibile inventare una macchina che potesse essere utilizzata per qualsiasi sequenza computabile. La novità di questa teoria, secondo Dyson, è che si dimostrava che una macchina poteva essere codificata come un numero e viceversa, introducendo il concetto di ciò che oggi chiameremmo software.
Turing "PADRE" del computer? Chi conosce o ha sentito parlare del matematico inglese lo definisce spesso così.
Turing sicuramente «stimolò il progetto di realizzazione di un computer», conferma il professor Cellucci, «ma i computer reali non si basano sul suo modello perché sarebbero estremamente lenti e inefficienti. I computer reali si basano invece su un modello ideato da un altro logico, John von Neumann». Quest'ultimo tra l'altro conobbe Turing all'università di Princeton e dopo il dottorato gli propose un posto come suo assistente. Il matematico rifiutò l'offerta e fece ritorno in Inghilterra, dove partecipò al programma di decrittazione dei codici con i quali i tedeschi comunicavano ai sommergibili gli obiettivi militari da colpire, il famoso sistema Enigma. John Von Neuman invece, nel 1953, realizzò con un gruppo di fisici e ingegneri il primo calcolatore programmabile.
Turing visionario? Secondo Cellucci «Turing è stato un visionario nel senso che immaginò un modello di macchina capace di effettuare calcoli di ogni genere, ed immaginò macchine intelligenti dotate di capacità superiori a quelle dei computer attuali. Come tanti visionari, però, Turing era più a suo agio con i sogni che con la realtà. Infatti, quando si passò alla realizzazione dei primi computer reali, il suo contributo non fu di primo piano».
È certo però che a soli 24 anni scrisse uno dei trattati più brillanti e innovativi della sua epoca, influendo sugli studi di chi poi avrebbe effettivamente realizzato la "macchina universale".