È la scienza che misura le varie parti del corpo umano. Per esempio, la lunghezza delle ossa di braccia e gambe, la larghezza del bacino, la statura, il perimetro del torace, le dimensioni della testa (per la misurazione della scatola cranica si parla di cefalometria o craniometria), oppure peso e grandezza dei visceri. L’antropometria rileva anche i cosiddetti caratteri qualitativi, come il colore degli occhi, dei capelli e della pelle.
Misure e rapporti. Tutte le misurazioni vengono fatte prendendo come riferimento alcuni punti fissi del corpo, i punti antropometrici. Gli antropologi usano questi dati soprattutto per elaborare statistiche sulle caratteristiche dei gruppi umani. Più che le misure isolate, hanno importanza i rapporti di queste misure tra loro, che servono a determinare gli indici antropometrici: per esempio, considerando le dimensioni relative del cranio, gli uomini si dividono in brachicefali (con cranio largo e corto), dolicocefali (con cranio lungo e stretto) e mesocefali. Le misure e le proporzioni tra le varie parti del corpo umano erano sempre state studiate dagli artisti (nel Rinascimento se ne occuparono Leon Battista Alberti e Leonardo Da Vinci), ma la creazione dell’antropometria come disciplina scientifica si deve al belga Adolphe Quetelet, vissuto nel XIX secolo.
Al servizio della giustizia. Sempre nell’800, lo studioso Cesare Lombroso creò l’antropometria criminale: rilevava alcuni tratti somatici abnormi che, secondo le sue teorie, oggi superate, avrebbero dovuto essere indice di una devianza criminale. Ci sono poi l’antropometria segnaletica, che rileva un complesso di misure ossee utili a identificare i ricercati dalla giustizia; quella militare, che punta a valutare l’attitudine alle varie armi; e quella medica, che si propone di valutare le capacità funzionali e l’eventuale predisposizione alle malattie.