di Raffaele Leone, direttore di Focus
Figuriamoci se noi di Focus abbiamo pregiudizi verso tutto ciò che è selvaggio. Anzi. Nel nostro Dna c'è la difesa degli habitat naturali, delle specie animali in via di estinzione, dell'ambiente, della biodiversità (guardate il webinar che abbiamo fatto lunedì scorso e l'inchiesta sul numero in edicola fino al 22 marzo, entrambi a cura di Margherita Fronte). Ma quando ho letto letto l'attenzione che ci ha rivolto Selvaggia Lucarelli, ho infranto la nostra abitudine di occuparci di temi piu appassionanti invece che di sterili polemiche.
Subito dopo su Twitter si è abbattuta una pioggia di consensi per Margherita e una pioggia di buuu su Lucarelli (alcuni francamente sopra le righe come succede spesso su internet dove ci si sente in diritto di insultare, offendere e minacciare impunemente).
Personalmente penso che come in tutte le cose si debbano fare dei distinguo, in questo caso mi sono trovato più d'accordo con Margherita e i suoi distinguo che con Lucarelli. Ma non è questo il punto e se il punto fosse rimasto questo non sarei neanche intervenuto. Bastava e avanzava Margherita. Eppure Lucarelli ha rincarato la dose perché - direbbero probabilmente a Roma - rosicava.
Lo ha fatto però arrampicandosi sugli specchi, ergendosi a paladina di un mestiere (il giornalismo) bistrattato da troppi e anche dagli stessi giornalisti. Anche qui: si può essere d'accordo o non d'accordo. Ma quell'arrampicata più che una difesa del giornalismo suonava come una difesa del suo (buon) giornalismo contro quello altrui (cattivo). Tecnica antica e abusata quella di travestirsi da vittime per fare i carnefici.
La giornalista è una collaboratrice di Focus (pochi articoli pubblicati in anni di collaborazione), dichiara di aver collaborato col Corriere e non c'è ragione di dubitare ma sul web non c'è traccia del suo lavoro per il Corriere. Dunque, più o meno nessuno ha letto i suoi articoli, né conosce la bravura. Dunque, non è esattamente una giornalista sul campo.
Però lei decide che "noi giornalisti abbiamo questa tendenza stucchevole a sopravvalutare il nostro lavoro". Che, detto da una scrivania, magari in smart working, in qualità di saltuaria collaboratrice, è, sì, un po' stucchevole. Ma naturalmente,nonostante nessuno o quasi di chi commenta abbia mai letto quello che scrive, l'occasione per trasformare la vicenda in Focus/scienziata vs Ballando/sgallettata è troppo ghiotta.
Improvvisamente si scopre che I GIORNALISTI VERI sono i collaboratori di Focus e sulla fiducia, senza manco aver mai letto nulla di quello che hanno scritto (lo saranno pure, eh, per carità, ma non si capisce perché loro più di chi scrive su La Stampa, per dire). Addirittura vengono promossi a "scienziati".
Gli altri, quelli che scrivono come me su due testate giornalistiche, che lavorano per una radio nazionale e così via, sono giornalisti finti. O comunque, un po' meno giornalisti. Adesso sappiamo che è così. E quindi io divento quella sprezzante, non lei, quella che dalla sua sedia ci insegna che noi altri ci sopravvalutiamo, sottolineando inoltre che non dobbiamo avere la priorità per il vaccino, come se tra l'altro io l'avessi chiesta.
Ma a quel punto, addio. La sgallettata esige il vaccino e tratta male "la scienziata" umile che invece cede il suo posto e ricorda che il giornalismo non deve prendersi troppo sul serio! Ma tu guarda. Io invece il mio lavoro lo prendo molto sul serio. Forse ho questa colpa. E lo ritengo molto serio anche perché c'è chi ci muore, per fare questo lavoro. É stucchevole, immagino, tenerlo bene a mente. É sopravvalutarne l'importanza, chiaro.
E quindi i detrattori dei giornalisti si buttano a pesce, perché che goduria poter insultare, deridere, beffeggiare la giornalista seguita da un milione e mezzo di follower che si prende così sul serio mentre c'è la scienziata che boh, "non ho mai letto nulla di suo ma lei sì che è una giornalista, lo so e basta".
- Che esiste un giornalismo di serie A e un giornalismo di serie B. Il giornalismo di serie A è quello hard praticato da lei: polemiche e articoli su temi forti di attualità mica articoli sulla scienza per di più scritti su un mensile. Il giornalismo misurato a chilometri orari è per me una novità. Immagino dunque che nella top ten del suo buon giornalismo ci siano i tweet sul web o le frecciate in diretta tv (velocissimi), il quotidiano (veloce), il settimanale (ai limiti) e il mensile (no, qui c'è da mettersi in fila e aspettare il nostro turno).
- Che esistono giornalisti di serie A e di serie B e che l'appartenenza a una o all'altra categoria non dipende dalla bravura o dal rigore nel lavoro, ma dal loro essere collaboratori o assunti. Fa finta, la Selvaggia, di difendere i collaboratori senza un posto fisso, ma mettendo Margherita tra questi ultimi (per di più collaboratrice semisconosciuta di un mensile di divulgazione scientifica, che orrore!) ci fa capire che ha meno credibilità di lei che scrive ogni giorno su tanti giornali. Distinzione per me incomprensibile: in tutti i giornali dove sono stato ho trovato collaboratori bravissimi e in alcuni casi perfino più bravi di tanti giornalisti con lo stipendio o con un fisso garantito a fine mese.
- Che la credibilità del giornalismo è dato dal numero di followers e dalla notorietà di chi scrive sui giornali.
Fatte queste deduzioni, direi che l'arrampicata di Lucarelli sugli specchi non l'ha portata lontano.
Io, per esempio, che non vengo dal giornalismo scientifico ma ho fatto tutta la gavetta (cronista di quotidiani, caposervizio, capocronista, capo di una redazione politica, caporedattore centrale, vicedirettore e direttore di un settimanale di attualità) dovrei sentirmi più autorevole dei colleghi che ho trovato a Focus due anni fa? Certo che no. Il giornalismo che faccio con loro non ha nulla da invidiare a quello che ho fatto per quasi trent'anni prima di Focus e con l'occasione invito Lucarelli in redazione per venire a divertirsi con noi mentre cerchiamo di capire e ragionare sul sapere, mentre cerchiamo di raccontare e spiegare agli altri quello che approfondiamo. È un mondo fantastico che offre spunti stimolanti al nostro mestiere.
Mestiere che è uno, per quanto abbia tante coniugazioni. Certo deve essere fatto con accuratezza e mi permetto di segnalare alla collega un altro errore: Margherita Fronte non è una collaboratrice di Focus (che, come ho detto, non è una qualifica che ne indebolirebbe le qualità professionali), ma caposervizio della redazione, da anni (era il 2004) pilastro di questa testata nel campo della salute.
Quando si tratta di medicina, ci affidiamo a lei per ragionare e cercare l'interlocutore giusto, per sviscerare un argomento e lavora da pari a pari con fior di collaboratori. Ha un'agenda di contatti da far paura, si è occupata tante volte di Covid-19 in questo anno e quando poco fa le ho chiesto alcuni chiarimenti sui vaccini mi ha fatto subito i nomi giusti a cui rivolgerci. A lei ho affidato il tema di copertina di aprile sulla salute e ci metto la mano sul fuoco che sarà un lavoro eccellente.
Non voglio fare come Lucarelli e dire che il giornalismo di Margherita è "migliore" del suo. Ognuno fa il giornalismo che più gli somiglia e ognuno è lettore del giornalismo che più gli somiglia. Ma Selvaggia, dal piedistallo del giornalismo "vero" su cui è salita, ha scritto di aver cercato di capire chi fosse Margherita e di aver ricostruito che è una "collaboratrice" di Focus sconosciuta ai più, che non ha evidentemente scritto cose degne di nota (come invece lei, sottinteso) e di aver trovato traccia di pochi articoli. Beh, allora dopo essere scivolata dai vetri su cui si è arrampicata, è caduta anche dal piedistallo. Perché se c'è una buona regola - quella sì universale - di chi fa informazione, è di sapersi informare.