Il vostro appartamento è una specie di bunker con porta blindata, allarme volumetrico e sbarre alle finestre. La serratura di casa sarebbe complicata da forzare anche per Arsenio Lupin, l'unica cosa che vi manca è, a ben vedere... un sistema per identificare i morti viventi. Perché se i ladri "comuni" si spaventano davanti a tanta tecnologia, gli zombie - si sa - non si fermano di fronte a nulla. Crediateci o meno, presto potrebbe circolare un dispositivo che fa al caso vostro. I ricercatori del Dermalog Identification Systems di Amburgo (Germania), un'azienda specializzata nell'ideazione di sistemi per l'identificazione biometrica, hanno progettato uno scanner per impronte digitali in grado di distinguere i tessuti morti da quelli vivi.
Il lettore, tanto per chiarirsi, non è stato pensato per tenere alla larga i non-morti. Ma per difendersi da personaggi molto più pericolosi: scassinatori di professione che per aggirare i sistemi d'allarme, e in particolare quelli basati sul riconoscimento delle impronte digitali, non si fanno scrupoli a utilizzare dita di cadaveri (morti all'anagrafe, ignari di tutto e quindi, capri espiatori perfetti). Potrà sembrare una macabra pratica da film d'azione, ma quello dei polpastrelli "fantasma" è un problema già noto alle autorità, documentato per la prima volta in Malesia nel 2005, quando due malviventi utilizzarono le dita del possessore di una Mercedes per disattivare l'allarme del bolide, prima di disfarsi del corpo del suo proprietario.
Lo scanner si basa su un principio piuttosto intuitivo. I tessuti vivi, se premuti contro una superficie dura, "impallidiscono" a causa dello spostamento del sangue nei capillari. In particolare, hanno osservato gli scienziati, i nostri polpastrelli assorbono 550 nanometri di luce LED al primo contatto e 1450 quando la pelle è completamente premuta contro il sensore. Le dita dei cadaveri non mostrano un tale cambiamento, e assorbono lo stesso spettro di luce in ogni momento della pressione contro il dispositivo. La tecnica di riconoscimento potrebbe trovare applicazione nei futuri lettori di impronte digitali ad altissima sicurezza. Ma l'uso di dita mozzate non è l'unico trucco utilizzato per ingannare gli scanner. Si possono creare impronte posticce anche creando uno stampo in gomma o silicone a partire da una foto. In questo caso, tuttavia, lo spazio tra i vari solchi dell'impronta è più ampio del normale: l'Istituto della Polizia Scientifica di Losanna (Svizzera) sta lavorando a un algoritmo che riconosca anche questa frode. I topi d'appartamento, insomma, rischiano di veder presto sfumare la loro "carriera".