Ci sono fossili che pur essendo molto comuni diventano preziosi e importanti: succede quando "raccontano" qualcosa in più della loro vita di decine o centinaia di milioni di anni fa. È il caso di un’ammonite della specie Subplanites rueppellianus, che non avrebbe fatto parlare di sé se con il suo guscio fossilizzato non ci fosse stato anche il segno del trascinamento avvenuto sott’acqua prima che l’animale venisse ricoperto da sabbie e limo e infine trasformato in fossile.
È successo 150 milioni di anni fa, nel Giurassico, nella regione che oggi chiamiamo Baviera, in Germania, che a quel tempo era simile alle Bahamas dei nostri giorni: acque calde e calme, sole intenso e sabbia chiara sul fondo del mare.
Possiamo immaginarlo, quell'ambiente, popolato da aragoste, pesci d'ogni genere e ammoniti, ossia molluschi cefalopodi comparsi 400 milioni di anni fa, all'inizio del Devoniano, ed estinti più o meno con i dinosauri, 65 milioni di anni fa.
La storia. Una di quelle ammoniti, morta per cause naturali, lentamente iniziò a perdere i gas di cui era carica e che le permettevano di galleggiare. Lentamente, si depositò sul fondo del mare dove una leggera corrente d’acqua la trascinò sulla sabbia del fondale per almeno otto metri e mezzo.
Poi è successo "qualcosa" che non sapremo mai, ma che ricoprì di sedimenti sia l'animale sia l'impronta, che insieme fossilizzarono.
150 milioni di anni dopo, negli anni '90 del secolo scorso un collezionista di fossili rinvenne l’intero blocco di roccia dov’erano conservate sia le tracce sia l’ammonite. Recentemente, infine, il reperto è stato acquisito da Dean Lomax, paleontologo dell’univesità di Manchester (UK), che ha ricostruito la storia «di uno dei più rari "insiemi" fossili mai trovati». L'intero studio è pubblicato su Ci racconta una vera e propria storia”. La ricerca integrale (in inglese) è pubblicata su PLOS ONE.