15+1 cose che (forse) non sai sulla radioattività
La storia della medicina e della fisica sono state segnate dalla scoperta dei raggi X e della radioattività, e da tutto ciò che ne è seguito. In questa gallery ripercorriamo gli aneddoti più curiosi sullo studio e sui primi utilizzi dei raggi X, sui lavori pionieristici sulla radioattività e sui suoi effetti sulla salute. Queste pillole storiche sono state tratte dal libro Strange Glow: The Story of Radiation, del fisico e professore universitario statunitense Timothy Jorgensen.
Foto: © Contrasto
I raggi X furono sperimentati a velocità record. Toulson Cunning, cittadino di Montreal (Canada), fu ferito a una gamba da un proiettile il giorno di Natale del 1895. Nella sventura, fu incredibilmente fortunato: l'8 novembre di quello stesso anno il fisico tedesco Wilhelm Conrad Röntgen aveva scoperto i raggi X mentre studiava i raggi catodici. La scoperta fu annunciata su una rivista della Società di fisica medica di Würzburg (Germania) il 28 dicembre 1895, e subito guadagnò popolarità. Un medico di Montreal volle ripetere l'esperimento e il dottore che seguiva Cunning gli chiese una "lastra" per la gamba del suo paziente. Benché molto sbiadite, le immagini rivelarono la posizione del proiettile consentendo di rimuoverlo ed evitando l'amputazione.
Nella foto - La prima radiografia mai eseguita: è la mano della moglie di Röntgen, Anna Berthe, con tanto di anello.
Foto: © adoc-photos / adoc-photos
La radioattività fu scoperta per caso. Intrigato dalla scoperta dei raggi X, Henri Becquerel (1852-1908) professore del Dipartimento di Fisica del Museo di Storia Naturale di Parigi, si chiese se anche i minerali della collezione del museo potessero emetterli. Nel 1896 iniziò così una serie di esperimenti mettendo a contatto vari minerali con lastre fotografiche, lasciandoli esposti alla luce del Sole per indagare la fosforescenza, ossia la natura di quella allora ignota emissione di alcune sostanze esposte a una fonte di energia. Casualmente si accorse che il solfato di uranio lasciava un'impressione sulla lastra anche nei giorni nuvolosi, quando non era esposto al Sole: quel materiale emanava quindi un qualche tipo di raggio che non dipendeva dalla luce solare... Per indagare la fosforescenza, Becquerel aveva scoperto la radioattività.
Foto: © Contrasto
La lastra dell'esperimento di Becquerel: si notano l'impronta dei cristalli e, sopra, le annotazioni del fisico, il cui lavoro fu ripreso e completato dalla giovane Marie Curie. Nel 1903, entrambi avrebbero ricevuto il Nobel per la Fisica, per gli studi pionieristici sulla radioattività.
Foto: © Science Photo Library/Contrasto
Il polonio si chiama così in onore della Polonia, patria di Maria Skłodowska (Marie Curie), che scoprì, insieme al marito Pierre, che il minerale della pechblenda, fonte naturale dell'uranio, conteneva almeno due sostanze più radioattive dell'uranio stesso: il radio e, appunto, il polonio, così chiamato per ricordare che la Polonia era sotto il controllo russo. Il polonio fu quindi in un certo senso il primo elemento chimico a prendere il nome da una disputa geopolitica.
Vedi anche: i manoscritti di Marie Curie sono ancora radioattivi
Foto: © Contrasto
La radioattività rimase a lungo un mistero, persino per chi dedicò la vita intera a studiarla. Se Becquerel era inizialmente convinto che fosse un tipo di fosforescenza, i coniugi Curie ipotizzarono, per breve tempo, che certi elementi potessero assorbire raggi X e rilasciarli in un secondo momento sotto forma di radioattività. Ma l'incertezza era la vera meraviglia di quel periodi scoperte: parlando di onde radio, per esempio, persino Guglielmo Marconi (in piedi nella foto), che nel 1909 vinse il Nobel per il suo lavoro, ammise candidamente in un'intervista di non avere idea di come fosse riuscito a trasmetterle al di là dell'Atlantico. Secondo la fisica classica non avrebbero dovuto coprire distanze così notevoli! Solo più tardi si sarebbe scoperto il ruolo riflettente dei gas ionizzati dell'alta atmosfera.
Foto: © Contrasto
Il radon fu il primo isotopo radioattivo collegato al cancro: il sospetto che questo prodotto del decadimento del radio (generato a sua volta dal decadimento dell'uranio) potesse essere all'origine dei tumori ai polmoni tra i minatori tedeschi venne nel 1913, ma la Prima Guerra Mondiale interruppe gli studi sul tema. La certezza degli effetti nefasti del gas sulla salute si sarebbe raggiunta solo più tardi, nel 1944, con ben 57 studi scientifici sull'argomento. Oggi si sa che il radon è la seconda principale causa di tumore al polmone dopo il fumo di sigaretta.
Foto: © adoc-photos / adoc-photos
L'avvelenamento da radio decimò un gruppo di giovani operaie: le "radium girls" (ragazze del radio) utilizzavano una vernice radioluminescente per dipingere i quadranti degli orologi fabbricati in una azienda della cittadina di Orange, nel New Jersey. Per affinare le setole del pennello, avevano l'abitudine di intingerlo brevemente in bocca. Presto però, alcune di loro iniziarono ad ammalarsi di tumori alle ossa e altri tipi di cancro: nel 1927, 10 anni dopo l'inizio dei lavori, 50 di loro erano già morte per l'esposizione alla sostanza radioattiva. Il processo che scaturì dalle loro vicende portò l'azienda a dover pagare migliaia di dollari di risarcimento; gli operai che lavoravano con vernici radioluminescenti furono forniti di protezioni adeguate, e la causa sancì il diritto dei lavoratori che contraggono malattie professionali a citare in giudizio i datori di lavoro, diventando un caposaldo di questo ramo della giurisprudenza.
Foto: © Wikimedia Commons
Il radio fu a lungo venduto come medicinale e toccasana. E questo, nonostante la risonanza mediatica che ebbe il caso delle radium girls. Preparati a base di radio furono venduti fino agli anni '30 del Novecento per "curare" un'ampia gamma di disturbi. Uno dei più celebri fu il Radithor, propinato in dosi massicce anche al magnate e giocatore di golf statunitense Eben McBurney Byers, che ne fece uso per cinque anni, prima di morire per avvelenamento ed essere riposto in una bara piombata, per il timore che le sue spoglie potessero contaminare chi gli si avvicinava.
Radio Days: cosmetici, supposte, preservativi radioattivi
Foto: © Wikimedia Commons
Il Progetto Manhattan prevedeva un laboratorio per studiare gli effetti delle radiazioni. Il programma militare che portò alla realizzazione delle prime bombe atomiche si preoccupava della salute dei suoi dipendenti. Col nome in codice di "Chicago Health Division", la divisione di scienziati si occupò, tra le altre cose, di chiarire quante radiazioni si potessero assorbire in un giorno, prima di riportare effetti negativi sulla salute. Lo studio nacque per iniziativa degli stessi ricercatori, che cominciavano a intuire il rischio radiologico. Nella foto: immagini termiche a colori della detonazione della prima bomba atomica, il Trinity Test.
Vedi: primi passi nell'Era atomica
Foto: © Science Photo Library/Contrasto
Il microonde fu inventato da un ingegnere dei radar. Ricordatevene, la prossima volta che ci fate i popcorn: il forno a microonde fu ideato nel 1940 da Percy Spencer, ingegnere della Raytheon Company, produttrice di radar militari. Spencer si accorse che, mentre lavorava con un magnetron, il "tubo" elettronico che aziona i microonde, una barretta di cioccolato che teneva in tasca si era completamente sciolta. Provò allora a concentrare le radiazioni a microonde su un uovo crudo (che esplose) e infine riuscì a cuocere i popcorn: l'azienda in breve tempo brevettò il primo forno a microonde, il Radarange.
Vedi: 7 invenzioni che dobbiamo alla Seconda Guerra Mondiale
Foto: © TONY CENICOLA /The New York Time/contrasto
Le lastre di Hiroshima rivelarono il bombardamento atomico. Quando la devastazione piombò su Hiroshima, il 6 agosto 1945, i sopravvissuti (nella foto, quattro ore dopo il bombardamento) non avevano idea di che tipo di arma li avesse colpiti. Un indizio importante arrivò dagli ospedali: gli operatori della Croce Rossa si accorsero che tutte le lastre che si trovavano nelle strutture erano rimaste impressionate dalla radiazione sprigionata dagli ordigni nucleari. Ben presto quelle lastre furono usate per avvolgere le ceneri delle vittime.
Vedi: le foto di Hiroshima prima e dopo la bomba atomica
Foto: © adoc-photos / adoc-photos
Dalle vittime di Hiroshima, una miniera di dati. Nei mesi successivi ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, la comunità scientifica mondiale realizzò che i sopravvissuti potevano fornire importanti informazioni sugli effetti delle radiazioni sulla salute. Nacque così il Life Span Study (LSS), un programma di ricerca voluto dal presidente americano Harry Truman, che ha raccolto la storia medica di 120 mila sopravvissuti ai bombardamenti nucleari dal 1946 ad oggi. Tra le informazioni fornite dallo studio c'è quella sui rischi dell'insorgenza di cancro per ogni unità di radiazioni ionizzanti ricevuta, che è pari allo 0,005% per millisievert. Per ogni 20 millisievert di radiazioni (quelle che si ricevono in una TAC total body) le probabilità di ammalarsi di tumore nel corso della vita salgono dello 0,1% (20x0,005%).
Foto: © NATIONAL ARCHIVES/The New York T/contrasto
Uno dei maggiori test nucleari USA fu segnato da un errore madornale. Il 1° marzo 1954 l'esercito statunitense fece detonare una bomba all'idrogeno (dal nome in codice Shrimp, gambero) al largo dell'atollo Bikini, nelle Isole Marshall (Oceano Pacifico). L'esperimento, detto Castle Bravo, fu il più grande test nucleare di sempre. L'ordigno sprigionò più del doppio dell'energia stimata, l'equivalente di 15 mila kilotoni di dinamite e non di 6 mila, come si pensava. L'errore dei fisici dei Los Alamos National Laboratory derivava dal non aver compreso che due isotopi (e non uno) di deuteruro di litio avrebbero contribuito alla reazione nucleare. I danni furono ingenti, e fu coinvolto anche a un peschereccio nipponico a 140 km di distanza, provocando una crisi diplomatica con il Giappone.
Foto: © Contrasto
Gli abitanti dell'atollo Bikini che morirono per errore. Prima dei test Castle Bravo gli abitanti dell'atollo Bikini furono evacuati dalle loro isole in nome di un esperimento "di cui avrebbe beneficiato tutta l'umanità" (eccoli nella foto, mentre lasciano le loro case). Ritornarono nelle terre d'origine soltanto nel 1969, dopo che un comitato di esperti ebbe dichiarato che non sussistevano più rischi per la salute. Il rapporto però aveva sottostimato il consumo di cocco di queste popolazioni, un frutto che aveva assorbito alti livelli di radiazione; gli esperti se ne accorsero soltanto nel 1978, quando gli isolani vennero evacuati di nuovo. A quel punto, però, molti di loro erano morti di cancro alla tiroide per l'esposizione ai frutti contaminati.
Foto: © Courtesy Everett Collection/Contrasto
Il luogo con i più alti livelli di radon. Nel 1984 Stanley Watras, ingegnere dell'impianto nucleare di Limerick, Pennsylvania, dovette disattivare più volte l'allarme contaminazione del suo ufficio. Il problema, come emerse in seguito, non era causato dal suo luogo di lavoro, ma dai vestiti che indossava, contaminati tra le mura domestiche. Ulteriori indagini chiarirono che la casa dell'uomo sorgeva sopra a un deposito di uranio: il radon è un gas prodotto dal decadimento dell'uranio, e la casa dei Watras ne conteneva in dosi 20 volte maggiori di una miniera. Ai Watras fu detto che correvano un rischio 7 volte maggiore degli altri di morire di cancro nei 10 anni successivi, ma non accadde. In seguito alla vicenda, in altre case fu riscontrato lo stesso problema.
Foto: © Pierre GLEIZES/REA/contrasto
È difficile stimare il rischio di un impianto nucleare. Negli anni '70 Norman Rasmussen, fisico nucleare del MIT, fu invitato a presiedere un comitato federale per determinare le probabilità di rischio di incidenti a un reattore nucleare. Il Rasmussen report, il rapporto che ne derivò, dava questo rischio a 1 su 20 mila per anno per ogni impianto nucleare, ma il rapporto si rivelò ottimistico. In base a quanto accaduto in seguito e ai dati dell'Agenzia Internazionale per l'energia atomica, il rischio è più vicino a 1 su 1550 anni di operatività. Con 430 impianti nucleari attivi nel mondo, possiamo aspettarci, se il trend prosegue come in passato, un incidente nucleare ogni 3-4 anni (nella foto, gli impianti della TEPCO a Fukushima).
Foto: © REUTERS/Toru Hanai