Aveva fatto un lungo viaggio fino al Kerala, l'estremo meridionale dell'India, e a fine luglio del 2007 se n'era tornato a casa, a Castiglione di Cervia e di Ravenna. Poco dopo però gli era venuto un gran febbrone accompagnato da dolori articolari e muscolari, mal di testa, eritema e disturbi gastrointestinali.
Nelle due settimane successive anche due suoi parenti, mai allontanatisi da Castiglione, si mettevano a letto con gli stessi sintomi. E poi i vicini di casa e i vicini dei vicini: per fine estate gli epidemiologi tiravano le somme: 217 casi di infezione da Chikungunya, un arbovirus (o arthropod-borne virus, cioè un virus trasmesso dagli insetti) fino a quel momento mai visto in Italia.
Quando ci si mettono, i romagnoli fanno le cose per bene, non a caso la loro sanità è la migliore d'Italia: insomma, per ridurre il numero delle zanzare tigre, o Aedes albopictus, responsabili della trasmissione del virus, si sono messi persino a contarne le uova, e la Chikungunya sembrano averla sconfitta. Per ora, perché nel frattempo qualche caso di Chikungunya lo hanno segnalato in Costa Azzurra e in Corsica.
West Nile Virus. Non è invece a lieto fine, almeno per ora (giugno 2013), la storia del West Nile Virus (WNV, virus del Nilo occidentale), un altro arbovirus trasportato questa volta dagli uccelli e trasmesso da un altro tipo di zanzara tutta nostrana, la Culex, che punge sia i volatili sia l'uomo e i cavalli.
Il WNV aveva fatto la sua comparsa nel 1998 in una scuderia di cavalli a Padule di Fucecchio, una zona paludosa fra Pistoia e Firenze: si erano ammalati 14 cavalli e 6 ne erano morti.
Analizzando i lavoratori della scuderia si erano trovati anche due sieropositivi: erano venuti a contatto con il virus, ma senza sintomi. Chi se ne importa dei cavalli, si dirà, ma gli epidemiologi si allarmarono lo stesso. E infatti per un decennio non successe nulla, ma a settembre del 2008 è la volta di 5 donne residenti nel delta del Po (Ferrara e Rovigo): venivano ricoverate con gravi sintomi neurologici, che i medici diagnosticavano da WNV. Era solo il campanello d'allarme.
Nel 2009 l'infezione si estendeva anche alla Lombardia per un totale di 18 casi di ricoveri per sintomi neurologici gravi e 4 vittime. Nel 2010 i ricoverati scendevano a 3 veneti, ma nel 2011 l'infezione comprendeva anche Sardegna ed Emilia-Romagna per un totale di 14 casi e 4 vittime, e nel 2012 i casi erano in tutto 28, dalla Basilicata al Friuli, dalla Sardegna al Veneto.
Compaiono nuovi microbi, finora esotici, ma ritornano anche vecchie conoscenze, come la malaria. Dopo le campagne di eradicazione condotte fra il 1947 e il 1951 la malaria sembrava debellata tanto che nel 1970 l'Oms aveva dichiarato l'Italia indenne: un solo caso autoctono registrato nel 1997 nel Grossetano.
Ma ora i ricercatori dell'Istituto superiore della sanità segnalano sulla rivista scientifica Eurosurveillance che fra il 2009 e il 2011 si sono verificati in Italia due casi autoctoni di malaria da Plasmodium vivax.
Scrivono i ricercatori che "è improbabile che la malaria ritorni endemica in Italia, ma è possibile che si verifichino casi sporadici; le ricerche entomologiche condotte nelle aree storicamente considerate a rischio di malaria hanno dimostrato la notevole presenza, e in alcuni punti addirittura la notevole abbondanza, del principale vettore indigeno, l'Anopheles labranchiae, e confermato la sua abilità di pungere l'uomo".
Che cosa può fare il singolo cittadino per difendersi? Per prima cosa adottare tutti i comportamenti protettivi volti a evitare il contatto con le zanzare. Li riassume in breve Caterina Rizzo del reparto Epidemiologia delle malattie infettive dell'Istituto superiore della sanità: eliminare l'acqua stagnante vicino casa (ad esempio sottovasi e raccolte di acqua di altro genere); stare in luoghi chiusi o proteggersi dalle punture di zanzara all'alba e al tramonto (il momento di maggiore attività dei questi insetti); indossare abiti con maniche e gambe lunghe; utilizzare repellenti per insetti sia all'aria aperta che in casa. Se si amano le piante si può provare a riempire i sottovasi di sabbia e in essa affondare il vaso. Alcune gocce di candeggina in tombini e sifoni all'aperto, girando a testa in giù secchi e bacinelle ed evitare di abbandonare i copertoni di macchina dove possono riempirsi di acqua.