Vincere o perdere è questione di cervello, più che di muscoli, in senso letterale. E almeno finché si tratta di pesci.
Un gruppo di ricercatori giapponesi ha individuato, studiando i pesci zebra (Danio rerio), due circuiti neuronali in una zona profonda del cervello la cui attività determina il destino della battaglia.
Chi sta sopra e chi sotto. Negli animali sociali, le gerarchie vengono decise con una lotta: il vincitore regna, il perdente si sottomette. Però, perché le battaglie non si concludano con la scomparsa fisica di tutti gli avversari, è anche importante che ci sia un limite all’aggressività, e che la lotta si concluda a un certo punto con un vincitore e uno che se la dà a gambe. I ricercatori giapponesi avrebbero scoperto i circuiti dove vengono prese queste “decisioni”.
Arrenditi!... Lotta! ... Gli scienziati del Riken Brain Science Institute di Tokyo hanno utilizzato per i loro esperimenti i pesci zebra, tra gli organismi modello più utilizzati nell’ambito delle ricerche di genetica e neuroscienze. Le lotte fra i pesci zebra sono stereotipate: i due avversari si mandano un segnale di sfida rizzando le pinne, nuotano in circolo, si mordono, finché la partita si decide: uno si arrende e l’altro ha la meglio.
Per l’esperimento, i cui risultati sono pubblicati su Science, i ricercatori hanno isolato pesci zebra maschi per 24 ore, poi li hanno messi insieme in una vasca e hanno osservato la loro lotta fino al finale. A questo punto, hanno misurato con due diversi metodi l’attività in due circuiti che fanno parte dell’habenula, un’area che, nel cervello dei pesci, sarebbe il corrispettivo di quella che nei mammiferi regola i comportamenti di combattimento o di fuga. L’attività in uno dei due circuiti è risultata associata con la resa, l’altra con la vittoria. Il gioco, insomma, si deciderebbe in base a quale dei due circuiti neuronali prevale, se quello che dice al pesce “arrenditi!”, o quello che gli suggerisce “continua la lotta!”
Circuiti in tilt. L’esperimento è andato avanti con un’ulteriore conferma. I ricercatori hanno modificati geneticamente dei pesci zebra in modo da disattivare questi circuiti. Se veniva silenziato quello associato alla vittoria, era molto più probabile che il pesce perdesse, nonostante fosse della stessa taglia e avesse gli stessi livelli di aggressività dell’avversario. Se, viceversa, veniva disattivato il circuito della sconfitta, il pesce tendeva molto più spesso a vincere la sfida.
Come i pesci? «Pensiamo che l’attività in questi circuiti sia dinamica durante la lotta» ha spiegato Hitoshi Okamoto, a capo del gruppo che ha condotto la ricerca.
«Quando viene raggiunta una certa soglia, il pesce viene spinto in uno stato di "vincitore" o "perdente", a continuare l’aggressione o ad arrendersi».
Dato che gli stessi circuiti esistono in tutti i vertebrati e nei mammiferi, uomo compreso, viene da chiedersi: funzionerà così anche tra noi? Oltre ai meccanismi sicuramente più complessi in opera, sarà anche questo circuito nelle parti più ancestrali del cervello a dirci se dobbiamo insistere o desistere in una battaglia?