È accaduto di recente: un volo Ryanair partito da Dublino e diretto a Zara ha dovuto effettuare un atterraggio di emergenza a Francoforte in seguito alla depressurizzazione della cabina dell'aereo. Dopo l'incidente (che si è concluso senza tragiche conseguenze) 33 dei 189 passeggeri sono stati portati in ospedale per malesseri di varia natura, tra cui il sanguinamento dalle orecchie.
Perché questo disturbo? Qual è la pressione mantenuta all'interno di un aereo in quota, e che cosa succede al corpo umano se cambia in modo repentino? Il tema è ripreso in un articolo su The Conversation.
Una via di mezzo. Gli aerei di linea volano generalmente a quote di crociera superiori ai 9.000 metri, salendo o scendendo di circa 600 metri al minuto. A 9.000 metri la pressione dell'aria all'esterno dell'aeromobile è pari a un terzo di quella a livello del mare, mentre, per questioni di comfort e di sicurezza, quella all'interno della cabina viene mantenuta a livelli equivalenti quelli tra 1.500 e 2.500 metri di quota (alta montagna, in pratica).
È comunque una pressione inferiore a quella sul livello del mare: i gas si espandono, il sacchetto di patatine che avevate in borsa si aprirà con uno "scoppio", e lo shampoo nel bagaglio a mano potrebbe uscire dal tappo. Questa pressurizzazione aiuta a mantenere i livelli di ossigeno a una soglia di sicurezza, non senza qualche disagio nell'adattamento.
Lento adattamento. Durante il decollo, l'aria nell'orecchio interno si trova a una pressione maggiore di quella in cabina, perché "residuo" di quella di terra: il timpano, la sottile membrana che trasmette le vibrazioni delle onde sonore all'orecchio interno, sporge verso l'esterno. Sbadigliare, masticare, deglutire, parlare, aiutano a portare la pressione all'interno e all'esterno dell'orecchio allo stesso livello.
In fase di atterraggio, la pressione in cabina torna a salire, mentre quella all'interno dell'orecchio è ancora a livello di crociera. Il timpano è spinto all'interno, abbiamo le orecchie tappate e l'udito ovattato. Masticare una caramella, sbadigliare o bere aiuta ad aprire le trombe di Eustachio - i condotti che collegano l'orecchio medio al retro del naso - ed equilibrare nuovamente la pressione.
Scompenso improvviso. Quando questi processi non avvengono in modo graduale, come nel caso di un volo che si svolge in modo regolare, si può verificare un barotrauma, ossia una lesione causata da un problema di pressione. L'aria mantenuta artificialmente in cabina fuoriesce all'esterno del velivolo, dove la pressione è inferiore, e poiché la diminuita pressione fa espandere i gas, l'aria all'interno dell'orecchio cerca anch'essa di scappare verso l'esterno. Ciò può provocare la rottura del timpano e dei piccoli vasi sanguigni nelle orecchie, o la rottura dei capillari nasali (anche i liquidi tendono ad espandersi in queste condizioni).
In una simile situazione il pericolo peggiore è l'asfissia, ma è a questo che servono le maschere d'ossigeno. Mentre le maschere scendono, il pilota si porta a una quota inferiore ai 3.000 metri, dove è possibile tornare a respirare anche senza ausili. L'ossigeno delle maschere è infatti disponibile per circa 15 minuti.
Come palloncini. Eventi come questi sono molto rari e volare è il modo più sicuro di viaggiare, e il 2017 è stato l'anno meno pericoloso di sempre, in quanto a incidenti aerei. Parlando di gas, quello nelle orecchie non è l'unico a dare problemi. Anche i gas intestinali si espandono salendo di quota, causando spiacevoli "effetti collaterali" in caso di fuoriuscita, e la stressa sorte tocca a quelli nelle otturazioni dentali, come sa bene chi si è trovato alle prese con i mal di denti da viaggio.