Uno studio dell'Università di Alberta (Canada) ha suscitato un vespaio in due occasioni: la prima nel luglio del 2017, quando per la prima volta se ne parlò su Science; la seconda qualche giorno fa, quando è stato pubblicato su una rivista scientifica, e quindi, formalmente, ha superato il processo di revisione tra pari.
La ricerca comparsa su PLOS One descrive come il virologo canadese David Evans abbia acquistato online frammenti di DNA di vaiolo equino, un "cugino" (ora estinto) del patogeno che l'uomo ha eradicato definitivamente nel 1979, e che nell'Europa del 1700 uccideva 400.000 persone l'anno.
Queste porzioni di materiale genetico sono poi state assemblate per costruire una versione sintetica del virus, capace di infettare cellule e riprodursi.
Il virus creato in laboratorio è innocuo per l'uomo, ma il timore è che il procedimento possa comunque fornire a potenziali bioterroristi un "libretto di istruzioni" per sintetizzare altre forme di vaiolo, pericolose per l'uomo: nessuno è più immune all'infezione, che grazie ai vaccini del medico britannico Edward Jenner (1749-1823) abbiamo infine completamente debellato quasi 40 anni fa.
Deboli giustificazioni. Quale utilità, dunque, nel compiere lo studio, e nel pubblicarlo? Per i ricercatori il lavoro - finanziato con 100.000 dollari dalla Tonix, un'azienda farmaceutica con base a New York - potrebbe portare a versioni più efficaci e sicure di vaccini contro il vaiolo... Questi però esistono già, e non pare ci sia "mercato" per preparati che immunizzino da una versione sintetica di vaiolo equino. I conti, per molti, non tornano.
La rivista PLOS One si è giustificata con una nota in cui afferma che i benefici della pubblicazione, inclusi "i potenziali miglioramenti nello sviluppo dei vaccini", superano i rischi. Ma per alcuni esperti di salute pubblica, per le ripercussioni di una simile ricerca, la sua pubblicazione avrebbe dovuta essere approvata da autorità sanitarie nazionali e globali, non da una redazione, per quanto composta da esperti.
Un successo della medicina. Il vaiolo è una malattia contagiosa di origine virale, fatale nel 30% dei casi. Nel 1796 Edward Jenner, considerato a ragione il padre dell'immunizzazione, si accorse che iniettando nei pazienti materiale ricavato da lesioni di vaiolo bovino (o equino, secondo interpretazioni più recenti), queste persone risultavano immuni all'infezione del virus di vaiolo umano. Il vaccino di Jenner si rivelò uno dei più importanti e rivoluzionari strumenti di salute pubblica: grazie alle sue ricerche, il vaiolo oggi non esiste più.
Data l'eradicazione totale e definitiva della malattia, anche la vaccinazione obbligatoria è stata abrogata (in Italia, nel 1981), mentre riserve del virus Variola sono tenute a scopo di ricerca, e sotto stretta sorveglianza, in Russia e negli Stati Uniti: periodicamente si discute per decidere se continuare a conservarle o distruggerle definitivamente.
A che pro? Chi ha finanziato lo studio ha detto di voler risalire a una versione di vaiolo equino il più vicina possibile a quella usata da Jenner per il suo vaccino, da utilizzare per versioni più sicure di immunizzazione. Ma è un esercizio inutile: versioni assolutamente sicure e attenuate del vaccino sono già conosciute dagli anni '70 - una di queste è il Modified Vaccinia Ankara (MVA), di cui il governo americano conserva 28 milioni di dosi.
Inoltre, lo ripetiamo, la scomparsa di questa malattia è uno dei successi delle campagne globali di vaccinazioni (come lo è la quasi definitiva eradicazione della polio o di altre malattie che, grazie all'immunità di gregge, sono oggi molto rare).
Dal canto suo, Evans afferma di aver condotto lo studio più per l'interesse verso il tipo di tecnologia usata: capire come costruire un virus di vaiolo potrebbe svelare informazioni sulla sua biologia e su alcuni tipi di strutture all'interno del suo genoma.