Sabato 27 febbraio la Food and Drug Administration, ente USA equivalente all'Agenzia europea per i medicinali (EMA), ha approvato con autorizzazione di emergenza il vaccino anti-covid di Johnson & Johnson, il primo preparato contro il SARS-CoV-2 ad essere stato pensato come vaccino monodose. Per gli Stati Uniti si tratta del terzo presidio anti-covid dopo i vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna; per quanto riguarda l'Europa, i dati su efficacia e sicurezza del preparato, prodotto dall'azienda farmaceutica Janssen del Gruppo Johnson & Johnson, sono al vaglio dell'EMA, che darà un responso a breve.
In generale, e in tempi normali, nei test (o trial) di fase 1 il vaccino è somministrato a pochi volontari per determinare la giusta dose; la fase 2, a cui partecipa qualche centinaio di persone, serve per vedere se ci sono evidenti effetti indesiderati e una risposta immunitaria: per le fasi 1 e 2 occorrono in media cinque mesi.
La fase 3 può coinvolgere decine di migliaia di persone tra soggetti sperimentali e di controllo, per determinare se effettivamente il vaccino fornisce un effetto protettivo: questo passaggio richiede almeno sei mesi, oltre ai tempi tecnici per lo studio dei dati e la verifica dei protocolli.
Per arrivare in pochi mesi ai vaccini anti-covid, i vari livelli di test e gli studi sono stati condotti in contemporanea e con protocolli meno stringenti di quanto si farebbe normalmente: da ciò che al momento si vede sono scelte che hanno pagato.
I dati di efficacia. Il vaccino di Johnson & Johnson riduce globalmente del 66,1% le infezioni, anche moderate, da nuovo coronavirus, ma l'efficacia sale all'85% contro le forme gravi di CoViD-19 e (come per tutti gli altri vaccini disponibili) e sembra arrivare al 100% nell'evitare ospedalizzazioni e morti per covid. La protezione immunitaria inizia a partire da 28 giorni dall'unica dose di vaccino.
Il vaccino è stato sperimentato, negli studi di fase 3, negli Stati Uniti, in Sudafrica e in America Latina, proprio nel massimo periodo di diffusione delle varianti di SARS-CoV-2. Questo è un primo vantaggio - puramente temporale - sui vaccini anti-covid di prima generazione: ci sono più dati a disposizione sulla protezione offerta contro le nuove versioni del patogeno.
Effetto varianti. Non a caso i dati sull'efficacia dipendono anche dalle aree geografiche, dove sono prevalenti diverse varianti. Nel corso dei trial negli USA, il vaccino di Johnson & Johnson ha avuto un'efficacia del 72%; in Sudafrica, dove è diffusa una variante più resistente agli anticorpi, del 58%. Un'altra variante individuata in Brasile, conosciuta come P.2, non è sembrata intaccare l'efficacia del vaccino.
La FDA ha concesso l'autorizzazione per tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni, nonostante per gli over 60 siano stati raccolti meno dati in fase sperimentale. L'azienda intende lanciare a breve un trial sugli adolescenti.
Una sola dose. Oppure no? Il vaccino di Johnson & Johnson, che si conserva a temperature di frigorifero per tre mesi, è stato pensato da subito per funzionare in monodose, in risposta a un appello dell'OMS sullo sviluppo di strumenti per immunizzare il maggior numero di persone in tempi rapidi. In questo periodo di scarsità di dosi e dibattito sull'efficacia di una dose soltanto arriva come una boccata d'aria fresca.
Tuttavia, l'azienda ha anche lanciato una sperimentazione su un regime di due dosi somministrate a 8 settimane di distanza, per capire se e come cambi la protezione offerta.
I risultati di questo ulteriore trial su 30.000 persone non arriveranno prima di maggio.