Alterare l'ambiente in cui proliferano i tumori per incoraggiare una risposta immunitaria contro di essi è l'obiettivo dell'immunoterapia, la strategia terapeutica che negli ultimi 20 anni ha rivoluzionato le cure oncologiche. Tuttavia, non sempre questo approccio funziona: spesso i tumori sono in grado di "non farsi trovare" e sopprimere l'abilità del sistema immunitario di combatterli. Sono, si dice, freddi: non contengono cellule immunitarie o riescono a rendersi invisibili ad esse.
Ora un team di scienziati del Rush University Medical Center di Chicago ha trovato il modo di renderli caldi, cioè riconoscibili al sistema immunitario e più sensibili alle cure, sfruttando uno strumento di salute pubblica assai diffuso: il vaccino antinfluenzale. Lo studio condotto per ora su modelli animali è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences.
Un effetto sorprendente. Studiando il National Cancer Institute database, i ricercatori si sono accorti che i pazienti con tumore ai polmoni ospedalizzati per infezione polmonare dovuta ad influenza vivevano più a lungo dei pazienti ricoverati per lo stesso tumore, ma senza influenza. Simili esiti "clinici" sono stati osservati anche nei topi con la stessa, duplice condizione. La risposta immunitaria contro l'influenza sembrava fornire un vantaggio nella lotta al tumore.
Forti di questa base di partenza, gli scienziati hanno reso inattivo un virus dell'influenza (creando, di fatto, un vaccino) e lo hanno iniettato direttamente nel melanoma cutaneo di alcuni topi. I tumori hanno iniziato a ridursi o a crescere più lentamente: il "vaccino" ha infatti stimolato la produzione di cellule immuno-stimolanti che hanno richiamato linfociti T CD8, incaricati di eliminare le cellule cancerose.
Partenza avvantaggiata. Inoltre, gli effetti positivi sono stati osservati anche su un tumore secondario che non era stato bersagliato con il vaccino. Quando il team ha trattato allo stesso modo un modello animale di tumore al seno metastatico triplo negativo (il più difficile da trattare tra i tumori al seno, perché mancante di proteine-bersaglio specifiche), i risultati sono stati altrettanto incoraggianti: l'iniezione nel tumore principale ha ridotto la crescita e la diffusione anche di quelli secondari.
L'attenzione dei ricercatori è ora concentrata sui vaccini antinfluenzali già approvati dalla Food and Drug Administration americana, usati da milioni di persone e già dimostratisi sicuri sui pazienti, inclusi bambini sopra i sei mesi di età e pazienti oncologici. Di solito i trial clinici impiegano almeno 8-10 anni per essere completati, ma utilizzando un vaccino antinfluenzale già approvato e ampiamente utilizzato, i tempi per i test sull'uomo si potrebbero ridurre in modo importante.
Unire le forze. I ricercatori hanno testato cinque diversi vaccini antinfluenzali impiegati nella stagione 2017-2018 sul modello animale più vicino possibile a un test clinico sull'uomo: un topo che aveva ricevuto una parte di tumore e di cellule immunitarie di un paziente oncologico (e privo di un sistema immunitario proprio per evitare un rigetto). Quattro vaccini su cinque hanno ridotto l'estensione del tumore - il quinto ci è riuscito solo dopo la rimozione di un adiuvante sintetico che agiva sul sistema immunitario.
Quando il vaccino antinfluenzale è stato usato insieme a una forma di immunoterapia, a base di inibitori dei checkpoint immunologici (che tolgono il freno alla risposta immunitaria contro i tumori), l'azione combinata ha portato a una riduzione dei tumori ancora più significativa.