Salute

Un vaccino anti covid per fine 2020: è davvero possibile?

Si continua a parlare della possibilità di un vaccino per la CoViD-19 per l'autunno inoltrato: quali fattori potrebbero accelerare le sperimentazioni?

Ci era stato detto che un vaccino contro la CoViD-19 non sarebbe stato disponibile prima della primavera 2021: come mai, allora, si continua a parlare della possibilità che arrivi già entro fine anno, addirittura per ottobre-novembre? Per motivi politici, intanto: il rischio di una politicizzazione di un vaccino in vista delle prossime presidenziali americane è molto elevato. Ma non è solo questo. È possibile che i trial di questi presidi salvavita si concludano già nel 2020, senza decisioni frettolose e rischi per la sicurezza?

Come funziona: i test sui vaccini
Nei test di Fase 1 il vaccino è somministrato a pochi volontari, per determinare la dose; la Fase 2, a cui partecipa qualche centinaio di persone, serve per vedere se ci sono effetti indesiderati e una risposta immunitaria: per le fasi 1 e 2 occorrono in media cinque mesi. La Fase 3 può coinvolgere decine di migliaia di persone (per la covid almeno 20-30 mila) tra soggetti sperimentali e di controllo, per determinare se effettivamente il vaccino fornisce un effetto protettivo: questo passaggio richiede almeno sei mesi.

promessa elettorale? Negli USA che si preparano al voto del 3 novembre, sono in molti a temere che la Food and Drug Administration stia subendo pressioni per approvare un vaccino anti covid prima che si siano raccolti elementi a sufficienza sulla sua efficacia e sull'assenza di effetti collaterali.

Solo i test di Fase 3 possono stabilire se un vaccino è o non è una protezione abbastanza affidabile da essere distribuita alla popolazione. In questa fase, che coinvolge decine di migliaia di volontari e che si svolge in Paesi in cui il virus circola ancora facilmente, parte dei soggetti riceve il candidato vaccino, e ai rimanenti viene dato un placebo. I ricercatori non sanno chi appartenga all'uno o all'altro gruppo: tutto questo serve a evitare condizionamenti ed errori di metodo. Alla fine, quando i dati vengono resi noti, si comparano il tasso di infezione e gli eventuali effetti collaterali nei due gruppi e si stabilisce se il vaccino ha funzionato.

I rischi di un'interruzione precoce dei trial e di una approvazione frettolosa non si limitano alla possibilità che venga messo in commercio un vaccino che non offre una copertura efficace (gli effetti collaterali più seri sono già stati esclusi nelle fasi precedenti). Sorgerebbero anche problemi di natura scientifica: si interromperebbe il processo di randomizzazione, rendendo noto chi ha ricevuto un placebo e chi no, e non si potrebbe più "tornare indietro" per riprendere l'esperimento. Inoltre, diffondendo un vaccino mediocre, si perderebbero volontari per gli studi su altri candidati vaccini potenzialmente più efficaci.

L'Amministrazione Trump ha annunciato che non parteciperà alla Covid-19 Vaccines Global Access Facility (Covax), la collaborazione globale lanciata dall'OMS, che coinvolge più di 170 Paesi, per accelerare lo sviluppo, i test, la produzione e l'equa distribuzione di un vaccino anti covid. La decisione degli USA, in linea con quella di rompere con l'OMS, potrebbe indurre altre nazioni a intraprendere politiche all'insegna del "nazionalismo del vaccino". Sembra sfuggire a amolti che, in un mondo globalizzato e connesso, nessuno sarà davvero al sicuro dalla pandemia finché non lo saremo tutti. © Shutterstock

Due possibili scorciatoie. Tuttavia, come ricorda un articolo su Statnews, l'interruzione dei test di Fase 3 non deve essere necessariamente problematica. Esistono due procedimenti che potrebbero garantire un'approvazione rapida.

Il primo è l'autorizzazione di emergenza, ossia la decisione di autorizzare l'uso di un candidato vaccino su un ristretto gruppo di popolazione particolarmente a rischio (per esempio il personale sanitario), in mancanza di alternative disponibili.

Cina e Russia hanno già concesso autorizzazioni di emergenza a potenziali vaccini anti covid: è un rischio calcolato, di solito giustificato dalla necessità di scongiurare una minaccia peggiore, ma non equivale a una piena approvazione per tutti.

Nei suoi criteri per l'approvazione di un vaccino anti covid, la FDA ha specificato che esso dovrebbe ridurre il tasso di infezioni sintomatiche del 50%, e anche che dai dati dovrebbe emergere che sia fortemente improbabile che il vaccino abbia un'efficacia inferiore al 30%. L'agenzia ha specificato che avrà bisogno di dati sulla sicurezza del vaccino relativi ad almeno un anno di test: se qualche concessione verrà data, è dunque molto probabile che si tratterà di un'approvazione di emergenza e non "piena".

Buona la seconda! Un'altra uscita rapida dai test di Fase 3 potrebbe arrivare da un esito particolarmente favorevole delle analisi dei dati scientifici emersi da questi trial. In questo caso lo studio potrebbe essere fermato anche perché il candidato vaccino è evidentemente efficace, e a quel punto non sarebbe più eticamente giustificabile somministrare ad alcuni un preparato salvavita e ad altri soltanto un placebo. Queste valutazioni vengono effettuate da un comitato indipendente e non dall'azienda che produce il vaccino, che ha evidenti interessi ad approdare sul mercato.

Dato l'alto numero di volontari coinvolti nei test di Fase 3, è probabile che questi risultati preliminari arriveranno già nelle prossime settimane, e sulla base dei dati gli scienziati valuteranno. Inutile chiedere di più: lo sviluppo di un vaccino anti covid sta già avvenendo a tempi record, e alzare troppo l'asticella del rischio in una fase così delicata della lotta al SARS-CoV-2 sarebbe controproducente.

4 settembre 2020 Elisabetta Intini
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