Martedì 13 aprile, in una mossa dettata da un eccesso di prudenza, la Food and Drug Administration ha deciso di sospendere momentaneamente negli USA la somministrazione del vaccino di Johnson & Johnson, dopo che sei persone su 6,8 milioni di vaccinati con questo prodotto hanno sviluppato casi di trombosi molto simili a quelli associati dall'EMA al vaccino anti-covid di AstraZeneca. Anche se un nesso causale con il vaccino non è stato al momento dimostrato, l'azienda ha deciso di mettere per ora in pausa la consegna delle prime dosi in Europa, in attesa di fare chiarezza.
Che tipo di trombosi? La sindrome in questione è una rara e insolita forma di ostruzione venosa chiamata trombosi del seno venoso cerebrale (cerebral venous sinus thrombosis, CVST), che comporta la formazione di coaguli nelle vene che drenano il sangue deossigenato dal cervello. Si tratta di una delle due forme di trombosi che l'EMA stava già indagando in relazione sia al vaccino di AstraZeneca, sia a 4 di questi primi 6 casi seguiti al vaccino di Johnson & Johnson. Questa inusuale trombosi è stranamente associata a un basso livello di piastrine, elementi presenti nel sangue che di solito facilitano il processo di coagulazione. Proprio l'insolita combinazione tra coaguli ed emorragie è servita da campanello d'allarme per la farmacovigilanza statunitense.
Quali pazienti? I sei casi di trombosi registrati negli USA, uno dei quali con esito letale, si sono verificati in donne dai 18 ai 48 anni di età, tra i 6 e i 13 giorni dopo la vaccinazione (il vaccino di J&J è monodose). Al momento non è possibile sapere se genere, età o fattori di rischio precedenti (condizioni di salute, caratteristiche genetiche, comportamenti, uso di farmaci...) possano facilitare l'insorgenza di questo rara sindrome. Tuttavia, ora che le principali autorità regolatrici stanno indagando sulla stessa questione in due diversi vaccini, può darsi che emergano indizi con i quali stabilire una volta per tutte se ci siano categorie di persone per le quali sia meglio optare per altri vaccini.
Un inizio di spiegazione. Negli ultimi giorni due studi pubblicati sulla prestigiosa rivista medica New England Journal of Medicine hanno descritto questa forma di trombosi in 16 pazienti di Norvegia, Austria e Germania che avevano ricevuto il vaccino di AstraZeneca, e ipotizzato una possibile, parziale spiegazione. La condizione è simile a quella osservata talvolta in persone trattate con eparina, uno dei più comuni e potenti anticoagulanti, usato anche per trattare i coaguli sanguigni che si verificano nel 2% dei pazienti colpiti da covid.
Le 16 persone studiate presentavano alti livelli di autoanticorpi contro il fattore 4 (F4) delle piastrine, anticorpi fuori controllo che in pratica attivano le piastrine e ne favoriscono l'aggregazione. Questa scoperta non spiega però perché mai un vaccino dovrebbe spingere il sistema immunitario a produrre questi autoanticorpi, sempre che un nesso sia in effetti dimostrato anche per il vaccino di Johnson & Johnson.
Tutte le domande aperte. Il vaccino di AstraZeneca, come quello di J&J e lo Sputnik, utilizza adenovirus depotenziati per introdurre nell'organismo il codice genetico utile a produrre la proteina spike, e attivare contro di essa il sistema immunitario. Il vaccino di AstraZeneca sfrutta un adenovirus che causa un comune raffreddore negli scimpanzé, quello di J&J utilizza un diverso adenovirus, distante dal primo anche dal punto di vista evolutivo (perché umano), e che interagisce con un diverso recettore cellulare.
Si tratta comunque di una tecnologia simile, e proprio su questo punto di contatto si concentrano ora le indagini degli enti regolatori. Può essere che qualche parte degli adenovirus imiti il fattore 4 delle piastrine, e induca un'eccessiva reazione immunitaria? Se così fosse, per quanti e quali vettori virali succede? Oppure, dati i rarissimi casi e le caratteristiche delle persone colpite da trombosi, è invece qualche fattore individuale che predispone a questa reazione? Infine, c'è un legame tra queste forme di trombosi e quelle che si verificano nell'infezione da CoViD-19?