Salute

Vaccini anti-covid: l'effetto boomerang di un'approvazione troppo rapida

La concessione troppo affrettata di un'autorizzazione a un vaccino anti-covid potrebbe avere ricadute negative persino superiori ai suoi benefici.

Il rischio di un uso politico dei vaccini anti-covid non è l'unica prova che gli enti regolatori dei prodotti farmaceutici dovranno affrontare nelle prossime settimane. Un'autorizzazione prematura di un candidato vaccino potrebbe sprecare un'opportunità preziosa: quella di determinare con precisione l'efficacia delle diverse proposte vaccinali, e capire quali siano le più indicate per le diverse fasce di popolazione.

Paradossalmente, l'azienda che per prima riuscisse ad ottenere un'autorizzazione di emergenza, rischierebbe poi di non arrivare mai a un'autorizzazione piena del suo prodotto. Non solo: bruciare le tappe sui primi, potenziali vaccini, finirebbe per rendere meno efficaci anche quelli successivi. Vediamo perché.

A carte scoperte. Come spiega un articolo pubblicato su Stat News, il nocciolo del problema deriva da una spinosa questione etica: una volta autorizzato un vaccino, le decine di migliaia di volontari che hanno partecipato ai test farmacologici e che, a loro insaputa, hanno ricevuto un placebo perché arruolati nei gruppi di controllo, andrebbero informati, e si dovrebbe offrire loro l'opportunità di ottenere il "vero" vaccino. Questo doveroso passaggio farebbe però perdere gli elemeti di controllo dei test, e con essi la possibilità di confrontare l'efficacia del vaccino su un periodo di tempo più esteso.

Le persone che hanno scelto di partecipare ai vari trial clinici dei candidati vaccini anti-covid sono spesso soggetti ad alto rischio, per il tipo di lavoro che svolgono o per la provenienza da aree duramente colpite dalla pandemia. Se si arrivasse ad approvare un vaccino, seppure di parziale efficacia, queste persone potrebbero legittimamente pretendere di uscire dalle sperimentazioni - nelle quali hanno solo la metà delle chances di finire nel gruppo realmente vaccinato e non in quello di controllo - e chiedere di essere immunizzate con il prodotto già approvato. Ciò finirebbe per sottrarre volontari anche alle sperimentazioni che non hanno ancora raggiunto una fase avanzata.

Meglio saperlo prima... La maggior parte dei trial di vaccini anti-covid in fase avanzata è stata progettata per mostrare di poter prevenire le infezioni sintomatiche da CoViD-19 in almeno il 50% dei vaccinati. Questo è il target primario, ma gli obiettivi secondari non sono meno importanti: tra questi rientra, per esempio, capire se il candidato vaccino sia in grado di ridurre le infezioni gravi, o se funzioni bene anche nei gruppi di popolazione più a rischio - come gli anziani, che sono stati colpiti in modo sproporzionato dai decessi da covid e che allo stesso tempo hanno un sistema immunitario meno recettivo agli effetti dei vaccini.

Molte di queste "risposte secondarie" richiedono più tempo per essere trovate: una sperimentazione che dovesse essere interrotta prima di evaderle, svelando chi ha ricevuto il placebo, sarebbe per molti aspetti un'occasione sprecata.

I dati sulla reale efficacia dei vaccini, sulla durata della loro protezione e sul segmento di popolazione sul quale agiscono in modo ottimale sono infatti più "puliti" e attendibili se derivano da studi clinici controllati randomizzati (nei quali cioè i partecipanti siano assegnati in modo casuale al gruppo che riceve il trattamento o a un gruppo che riceve un placebo). Poniamo che un vaccino sia efficace al 60% o all'80%, che uno offra una protezione di 4 mesi e un altro di un anno. Sono informazioni che servono adesso, e che non vorremmo avere tra qualche anno, raccogliendo i dati su quanto abbiamo osservato nella popolazione.

Una via d'uscita. Per queste ragioni la Food and Drug Administration statunitense potrebbe scegliere una strada diversa all'autorizzazione di emergenza, ossia quella dell'accesso allargato, un programma più limitato usato per i farmaci che si stanno ancora studiando e che non obbliga a sciogliere precocemente l'impianto sperimentale dei trial. Il processo è più lento, perché i vaccinati con questo programma dovrebbero sottoscrivere consensi informati su rischi e benefici del candidato vaccino, oltre a prestarsi a studi sulla sua sicurezza. Ma questo modo di procedere permetterebbe di ritagliarsi ancora un po' di tempo prezioso per le sperimentazioni.

27 ottobre 2020 Elisabetta Intini
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