La necessità di accelerare la campagna vaccinale ha riportato in auge il cosiddetto "modello inglese": meglio somministrare subito una prima dose di vaccini al maggior numero di persone possibili, ritardando il richiamo? Oppure è un rischio troppo alto da correre?
Il modello inglese. A dicembre, la decisione del Regno Unito di ritardare la seconda dose di vaccini ha destato molte perplessità anche all'interno della comunità scientifica. Tuttavia, stando a nuovi studi scientifici condotti sulla platea dei vaccinati, potrebbe trattarsi di un approccio vincente, alla luce della scarsità di dosi di vaccini disponibili. Nel Regno Unito che ha iniziato con la campagna in netto anticipo e ha già immunizzato oltre 18 milioni di persone, iniziano a vedersi i primi risultati dei vaccini anti-covid sulla riduzione dei decessi tra gli anziani.
A favore dell'approccio "una singola dose subito" (e la seconda più avanti) meritano attenzione tre recenti studi. Il primo è un aggiornamento di un lavoro pubblicato lo scorso 31 dicembre sul New England Journal of Medicine a proposito del vaccino a mRNA di Pfizer-BioNTech. In base all'analisi, una singola dose di questo preparato anti-covid avrebbe un'efficacia del 92,6% contro la CoViD-19, la più alta protezione in dose singola offerta da un vaccino contro il SARS-CoV-2 (paragonabile a quella fornita dal vaccino di Moderna, 92,1% dopo una sola iniezione).
Molto efficace già dopo la prima dose. Si tratta di una protezione molto più elevata di quel 52,4% inizialmente stimato, un cambiamento che gli autori dello studio motivano così: i calcoli precedenti includevano dati raccolti nelle prime due settimane dalla prima dose, quando ancora si sta preparando la risposta immunitaria. Il nuovo studio, invece, ha considerato dati a partire dal 14esimo giorno dalla prima iniezione.
Alla luce di questi risultati, scrivono gli autori, «posporre la seconda dose è una questione di sicurezza nazionale che, se ignorata, risulterà certamente in migliaia di ospedalizzazioni per CoViD-19 e di morti quest'inverno negli USA - ricoveri e decessi che si sarebbero potuti prevenire con una prima dose del vaccino».
Una seconda ricerca, più volte citata in questi giorni, riguarda il vaccino di AstraZeneca, la cui efficacia sembra essere legata proprio al distanziamento tra le dosi. Somministrando la seconda a 12 settimane dalla prima, l'efficacia sale all'82% contro tutte le forme di covid (anche lievi). Una singola dose raggiunge comunque il 76% di efficacia dopo il 22esimo giorno dall'iniezione e fino a 90 giorni da essa: nell'attesa del richiamo "ritardato" si godrebbe già di un'elevata protezione - fermo restando che tutti i vaccini autorizzati garantiscono una copertura pressoché totale contro la malattia grave.
I risultati pubblicati sulla rivista Lancet sono in linea con quanto osservato in precedenti ricerche sui vaccini contro Ebola e malaria.
La questione dei guariti. Il terzo fronte è la conferma del fatto che una singola dose di vaccino potrebbe fornire a chi ha già avuto la covid una protezione altamente efficace contro nuove infezioni. Un'equipe di immunologi di Seattle ha inizialmente osservato che il sistema immunitario dei guariti da covid potrebbe avere difficoltà a proteggere dalla variante sudafricana del virus; tuttavia, dopo una singola dose dei vaccini di Pfizer o Moderna, si otterrebbe un'imponente amplificazione degli anticorpi, tale da neutralizzare anche il virus mutato, e persino più efficace di quella visibile sulle persone che non sono mai state contagiate e hanno ricevuto entrambe le dosi.
Lo studio, in attesa di pubblicazione, si aggiunge a un filone che ritiene non necessaria la seconda dose di vaccino per i guariti da covid - nei quali la prima iniezione sembrerebbe già funzionare da richiamo. Allo stesso tempo, sottolinea l'importanza della vaccinazione anche per i guariti: i vaccini permettono infatti di mettere in campo uno scudo immunitario più completo e uniforme.