Un semplice test della saliva da eseguire e rispedire in laboratorio consentirà ai pazienti degli Stati Uniti di conoscere in anticipo il rischio di sviluppare una decina di malattie, incluso l'Alzheimer.
Il kit messo a punto dalla 23andMe, un'azienda californiana, ha ricevuto l'approvazione della Food and Drug Administration americana, che nel 2013 aveva bloccato una prima versione del prodotto, in grado di valutare la probabilità di sviluppare 254 patologie in cui la genetica ha un ruolo preponderante.
Allora la FDA temeva che nel caso di alcune malattie, come il tumore al seno, un falso positivo spingesse le donne a sottoporsi a interventi di chirurgia preventiva non necessari, e un falso negativo a sottovalutare la prevenzione.
Più "mirato". Ora la rosa di patologie è stata ristretta a dieci (tolto il tumore al seno ci sono, oltre l'Alzheimer, anche Parkinson e celiachia) scelte tra quelle per le quali sia possibile individuare le varianti genetiche che possono favorire l'insorgenza della malattia con un'affidabilità di risposta del 99%. Un simile prodotto è già venduto in Inghilterra, Canada, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Svezia e Olanda.
Meglio sapere? Ma la decisione negli USA ha sollevato un dibattito importante sulle conseguenze psicologiche che la gestione del kit può comportare. La FDA ha richiesto che sulle confezioni si raccomandi al paziente di consultare un genetista o un medico prima di leggere i risultati del test. Ma come reagiranno gli utenti una volta scoperto di essere a rischio di una malattia che potrebbe insorgere anche molto tardi, nel corso della vita?
Per alcuni è comunque bene sapere: anche se la certezza non si può avere, la consapevolezza permetterebbe di fare piani familiari, risparmiare per le cure mediche, stipulare assicurazioni e lasciare, dove possibile, un testamento biologico. Per altri, dato che in alcuni casi si può far poco per prevenire, meglio non condizionare il resto della vita con una possibile notizia infausta.