Uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Cell ha individuato 102 geni implicati nel rischio di disturbi dello spettro autistico, 30 dei quali ancora sconosciuti. La ricerca ha sfruttato tecniche di sequenziamento genico di recente sviluppo per studiare il DNA di oltre 35 mila soggetti, quasi 12 mila dei quali affetti da autismo: in particolare, è stato analizzato l'esoma, la parte del DNA che codifica per proteine, riuscendo così a identificare sia il ruolo dei geni coinvolti, sia il tipo di mutazioni a loro carico.
Lo studio è stato condotto dall'Autism Sequencing Consortium (ASC), un consorzio internazionale fondato e co-coordinato da Joseph Buxbaum (Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York), al quale hanno aderito alcuni gruppi italiani, tra i quali quelli dei professori Alfredo Brusco e Giovanni Battista Ferrero (Città della Salute ed Università di Torino) e Alessandra Renieri (Università di Siena).
Che cosa si è scoperto. «Negli ultimi anni, i dati scientifici ci hanno permesso di iniziare a comprendere le cause del disturbo dello spettro autistico: solo 15 anni fa le cause erano in gran parte misteriose, e non era per nulla chiaro il ruolo della genetica in questa malattia» spiega a Focus.it Alfredo Brusco, tra gli autori. «Per prima cosa, si è capito che che la componente genetica è importante nel disturbo dello spettro autistico, che in realtà non è una malattia ma uno gruppo molto ampio di malattie. Questo lavoro non è il primo ad identificare nuovi geni, ma continua a confermare queste ipotesi ed estende i geni associati in modo inequivocabile alla malattia. In particolare, trova 102 geni, 30 dei quali mai collegati prima a questa condizione. Si tratta cioé di 102 malattie, per ciascuna delle quali un singolo gene mutato è sufficiente a determinare il quadro clinico».
«Andando nel dettaglio, lo studio è stato in grado di distinguere alcuni geni che causano solo disturbo dello spettro autistico da altri che possono causare anche disturbi dello sviluppo neurologico come disabilità intellettive e motorie. Un altro punto importante è aver confermato che alcune forme più gravi sono associate a mutazioni altamente distruttive in singoli geni: queste mutazioni sono de novo, cioé originatesi a livello dei gameti nei genitori dei soggetti affetti. L'avere identificato nuovi geni ci fornisce nuovi informazioni sui meccanismi coinvolti nella malattia: lo studio mostra che non c'è solo una classe di cellule implicate nell'autismo, ma piuttosto che molte alterazioni nello sviluppo del cervello e nella funzione neuronale possono portare all'autismo.
I geni identificati sono espressi molto precocemente nello sviluppo del cervello, e confermano l'autismo come malattia del neurosviluppo. La loro funzione è spesso chiave nei processi di regolazione dell'espressione genica o nella comunicazione tra neuroni a livello delle sinapsi».
Le prospettive. Queste funzioni sembrano in linea con le recenti teorie su che cosa contribuisca all'autismo: un'ipotesi è quella di uno sbilanciamento tra sostanze chimiche cerebrali che attivano o inibiscono i segnali neurali a livello delle sinapsi (le connessioni tra cellule nervose).
«Conoscere i geni dell'autismo ci permette di capire meglio i meccanismi alla base dello sviluppo del cervello. Nello stesso tempo ci permette di ipotizzare strategie per correggere i processi alterati. È una strada lunga, ma inizia con la conoscenza delle basi genetiche. Che cosa ci aspetta in futuro? Questo lavoro è la punta di un iceberg: il consorzio sta raccogliendo altre migliaia di pazienti con l'obiettivo di completare il più possibile l'elenco delle forme di autismo associate a singolo gene. La sfida del futuro sarà quella di comprendere le forme in cui più geni con mutazioni "lievi" si combinano assieme a dare autismo. Si tratta probabilmente di almeno metà dei casi, e solo grazie a consorzi di molte migliaia di casi si può pensare di ottenere i dati necessari a risolvere questo complesso puzzle».