Quando si ha a che fare con una malattia come il diabete, la totale adesione (compliance) del paziente alla terapia è parte essenziale della terapia stessa. Nel caso del diabete di tipo 1, una condizione di origine autoimmune causata dall'incapacità delle cellule del pancreas di produrre insulina (indispensabile per il controllo degli zuccheri nel sangue) le iniezioni di questo ormone necessarie sono tipicamente dalle due alle quattro al giorno. Senza, in pochi giorni si muore: ma è una procedura, in parte invasiva, che molti pazienti non accettano di buon grado.
Da tempo si studiano altre forme di somministrazione che integrino l'assunzione di insulina nello stile di vita. Ma alle "capsule per diabetici" non siamo ancora arrivati. Risultati incoraggianti arrivano però da uno studio dell'Università di Harvard, di recente pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences.
Il gruppo di ricerca ha provato a disperdere l'insulina in due sostanze: un nutriente essenziale, la colina, e l'acido geranico, un aroma alimentare naturale estratto dal cardamomo (una spezie ricavata da una pianta tropicale, la Elettaria). Il tutto è stato inserito in capsule capaci di sopportare gli acidi dello stomaco e somministrato a sei ratti.
La glicemia (la concentrazione di glucosio nel sangue) degli animali - non diabetici - è scesa rapidamente, raggiungendo nelle prime due ore il 62% dei livelli iniziali, e il 55% nell'arco delle 10 ore successive.
Massimo assorbimento. L'insulina dispersa in soluzione salina, o i due eccipienti soltanto, non hanno dato risultati apprezzabili. Secondo i ricercatori, il liquido in cui l'insulina è stata dispersa ha impedito all'ormone di essere demolito dagli enzimi del sistema digestivo dopo il dissolvimento della capsula, ne ha favorito il passaggio attraverso lo strato di muco che ricopre l'intestino e attraverso le cellule che tappezzano l'intestino stesso, aiutandola ad arrivare ai vasi sanguigni. La capacità del preparato di superare queste tre barriere facilita l'assorbimento dell'insulina e ne prolunga l'effetto.
Un ulteriore vantaggio è dato dal fatto che le capsule si mantengono due mesi a temperatura ambiente e quattro in frigorifero: l'insulina, al contrario, va conservata al freddo e in qualche caso si degrada e perde efficacia dopo qualche settimana.
Ci vuole ancora pazienza. Secondo alcuni medici, esperti in questo ambito ma non coinvolti nello studio, il potenziale dell'insulina in capsule starebbe nel poter essere "consegnata" al fegato contestualmente ai pasti, esattamente quando serve. Difficile però che sia disponibile per l'uomo in tempi brevi. Finora è stata testata soltanto su un numero ristretto di animali e, prima che sia giudicata sicura, efficace e producibile su ampia scala, passeranno diversi anni.