Una gamba bionica controllata direttamente dal cervello permette alle persone che hanno subito un'amputazione di camminare rapidamente anche su terreni non piani, di ruotare la caviglia artificiale con naturalezza, di fare le scale, superare ostacoli e avere una migliore percezione del nuovo arto nello spazio.
Creando una connessione tra il sistema nervoso del ricevente e la gamba prostetica, l'interfaccia ha restituito per la prima volta il pieno e continuo controllo neurale della camminata bionica, affermano i biofisici del Massachusetts Institute of Technology di Cambridge (Massachusetts), che descrivono l'importante traguardo su Nature Medicine.
Nuovi orizzonti. Oltre a consentire una camminata più veloce del 41% rispetto alle protesi tradizionali, la gamba bionica potrebbe far tornare le persone che la usano a ballare o a passeggiare in montagna, perché rende possibile flettere, ruotare e puntare il piede semplicemente pensando di compiere quel movimento, e talvolta persino se non lo si "decide" in modo consapevole.
Di nuovo in controllo. La maggior parte delle protesi bioniche oggi utilizzate controllano il movimento attraverso algoritmi prestabiliti, cioè comandi robotici pre-programmati, che analizzano l'ambiente e le circostanze per passare in automatico da una modalità di camminata preimpostata all'altra. Le persone che usano queste gambe artificiali spesso faticano a modificare l'andatura "in corsa", da un momento all'altro, per esempio per evitare i piccoli ostacoli che ci si parano davanti nei percorsi di tutti i giorni, come una buca o una pozzanghera.
«Quando cammino, mi sento come se mi stessero facendo camminare, perché è un algoritmo - e non sono io stesso - a inviare i comandi a un motore», spiega Hugh Herr, responsabile scientifico dello studio, professore di Arti dei media e Scienze del MIT e pioniere della biomeccatronica, disciplina che prova a riprodurre i meccanismi del movimento dei viventi con tecnologie cibernetiche. Herr ha entrambe le gambe amputate sotto il ginocchio dal 1982, anno in cui fu colto da assideramento mentre scalava su ghiaccio.
Percepire per funzionare. L'obiettivo che ha guidato Herr e colleghi è stato lavorare sulla sensazione prima ancora che sul movimento perché, quando un individuo percepisce l'arto bionico come una naturale estensione del proprio corpo, i processi di embodiment, cioè di riconoscimento della protesi come parte del proprio corpo, sono facilitati. Il team ha collaborato con 14 partecipanti aventi amputazioni sotto il ginocchio (transtibiali), in metà dei casi effettuate con una tecnica chirurgica chiamata AMI (Agonist-antagonist Myoneural Interface, interfaccia mioneurale agonista-antagonista).
La parte chirurgica. Questa procedura (qui spiegata in un TED Talk dallo stesso Herr) mira a ripristinare la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio arto nello spazio nelle persone che subiscono un'amputazione, connettendo chirurgicamente coppie di muscoli nel moncone, in modo che, quando un muscolo si contrae, il suo antagonista si allunghi, e viceversa.
Rispetto alle tecniche di amputazione tradizionali, che disconnettendo i muscoli pregiudicano la capacità di percepire la contrazione muscolare dopo l'intervento, l'AMI permette di ottenere un feedback muscolare più vicino a quello che si avrebbe da un arto intatto. E provoca un minore dolore da arto fantasma, quella condizione che causa dolore a livello dell'arto amputato.
Arto in azione. Tutti i partecipanti hanno ricevuto la nuova gamba bionica, consistente in una caviglia protesica, in un dispositivo per misurare l'attività elettrica del movimento muscolare e in una serie di elettrodi da posizionare sulla superficie della pelle. Come spiegato in un articolo sul Washington Post, quando il cervello dei volontari ha inviato impulsi elettrici ai muscoli facendoli contrarre, le contrazioni hanno prodotto a loro volta una attività elettrica che è stata individuata dagli elettrodi e inviata a piccoli computer sulla protesi. Questi hanno convertito i segnali elettrici in forza e movimento.
Movimenti naturali. Grazie alle aumentate sensazioni a livello muscolare, i partecipanti che avevano subito un'amputazione con la tecnica AMI sono riusciti a camminare più rapidamente e con un passo più naturale rispetto a coloro che erano stati sottoposti ad amputazioni tradizionali. Inoltre, hanno potuto muoversi con facilità su scale e salite, regolando più facilmente il movimento della caviglia mentre salivano e assorbendo l'urto quando scendevano.
Gli scienziati sperano che il nuovo tipo di protesi possa essere disponibile fuori dai trial entro cinque anni. Lo stesso Herr sta pensando di usare l'interfaccia su entrambi i monconi in futuro.