Una pillola per cancellare le esperienze negative, lasciando intatti i bei ricordi. È quello che da anni stanno studiando gli scienziati per “curare” le persone traumatizzate da qualche evento drammatico.
Un farmaco capace di cancellare i brutti ricordi potrebbe aiutare le vittime di eventi traumatici a vivere meglio. Ma non tutti sono d’accordo… |
Mandare giù una pillola e dimenticare in pochi istanti un’esperienza traumatica, un brutto ricordo o una persona che ci ha fatto soffrire: una promessa di felicità per molti, ma anche un’arma potenzialmente pericolosa, capace di fare grossi danni.
Un gruppo di ricercatori del Centro per le Scienze Neurologiche di New York ha recentemente messo a punto un farmaco capace di eliminare in modo selettivo alcuni ricordi dalla memoria dei ratti, lasciando integri gli altri.
Il magazzino degli incubi
Joseph LeDoux e i suoi collaboratori sono riusciti a intervenire sul meccanismo che, regolando il trasferimento dei ricordi dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine, dà vita ai ricordi permanenti. Questo processo, noto come riconsolidamento, può essere alterato o interrotto con opportuni farmaci, evitando in modo selettivo la formazione di alcuni specifici ricordi, senza modificare gli altri.
Ratti impauriti
I ricercatori hanno indotto alcuni ratti ad avere paura di due differenti suoni facendoglieli sentire mentre veniva loro inflitta una scarica elettrica. Hanno poi somministrato a metà degli animali l’U0126, un composto chimico noto per provocare amnesie, mentre facevano sentire ai topolini di nuovo i suoni, nel tentativo di far riaffiorare il ricordo spiacevole.
E la paura se ne va
Il giorno dopo, sono stati fatti ascoltare gli stessi rumori ai topolini, ma quelli trattati con l’U0126 sembravano non avere più “memoria” di quella paura, mentre gli altri associavano il rumore allo sgradevole ricordo della scossa elettrica.
Secondo i ricercatori, il timore del suono (e quindi dell’esperienza negativa) non si è consolidato nella memoria permanente dei ratti “curati” con l’U0126.
Questione di neuroni
Secondo LeDoux in questo processo gioca un ruolo fondamentale l’amigdala: è una zona del cervello in cui, durante la formazione di un ricordo spiacevole, si può notare un consistente incremento delle comunicazioni tra i neuroni. Nei ratti trattati con il farmaco il numero di queste connessioni neuronali era molto ridotto: questo indica una vera e propria cancellazione della memoria dolorosa.
Salvataggi automatici
La ricerca del team americano non è comunque la prima nel suo genere: già nel 2004 un gruppo di scienziati di Cambridge aveva ipotizzato di poter alterare il processo di riconsolidamento dei ricordi per intervenire alla radice su problemi come le dipendenze da droga e alcol, le fobie ricorrenti e le sindromi da stress. Secondo i ricercatori britannici la memoria subisce un riconsolidamento ogni volta che vengono fatte affiorare i ricordi, come in un file che viene aperto e poi salvato. Grazie a opportuni farmaci dovrebbe essere possibile interrompere questo processo, impedendo il “salvataggio del file” e cancellando così il ricordo spiacevole.
Sicuri che sia sicuro?
È evidente come questo tipo di ricerca apra il dibattito su numerosi problemi etici: se la parte più psicologica dell’essere umano è anche il frutto delle esperienze, la cancellazione selettiva dei ricordi spiacevoli non rischia forse di trasformarci in automi sorridenti, incapaci di apprendere dagli avvenimenti negativi e quindi di migliorare? Quanto potrebbe sopravvivere l’uomo senza la difesa offerta dalle paure? Contro questo tipo di studi si è apertamente schierato anche il Comitato di Bioetica della Casa Bianca, secondo il quale modificare il contenuto della nostra memoria equivale a modificare la nostra personalità.
I fautori del “lifting” chimico, capaci di farci vivere, almeno in teoria, più felici e meno stressati sono comunque numerosi. Roger Pitman, psichiatra di Harvard, sostiene che la cancellazione della memoria sia addirittura doverosa in tutti quei casi come gli attentati terroristici, gli stupri e gli incidenti, che rischiano di condizionare per tutta la vita l’emotività e la serenità di chi li subisce.
(Notizia aggiornata al 19 marzo 2007)
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