Un pacemaker biologico al posto di uno elettronico. È la prospettiva che si apre per un futuro (forse) non troppo lontano grazie al lavoro di un gruppo di ricercatori americani.
Nel loro studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine, gli scienziati descrivono una metodica di terapia genica con cui sono riusciti a ricreare un battito cardiaco normale in un cuore che non funzionava più.
La ricerca è stata fatta solo su animali, maiali, ma la porta sembra aperta per un trasferimento abbastanza rapido di questa scoperta nell’uomo.
Ecco, più nel dettaglio, di che cosa si tratta, a partire da come funziona il pacemaker di cui siamo naturalmente dotati.
Come si origina normalmente il battito cardiaco?
Il ritmo del cuore si genera in una piccola regione del cuore specializzata in questa funzione: è il cosiddetto nodo senoatriale, ed è il pacemaker naturale. Le cellule di questa zona, fatta a mezzaluna e lunga non più di un centimetro e mezzo, generano gli impulsi elettrici che si trasmettono al tessuto muscolare cardiaco, determinando la caratteristica frequenza di 60-90 battiti al minuto del cuore.
Perché a volte non funziona più?
L’età e alcune malattie riducono l’efficienza del pacemaker naturale, la centralina elettrica, e il cuore batte molto meno regolarmente. A volte il ritmo rallenta pericolosamente, altre volte il cuore salta i battiti. Nelle situazioni più gravi o a rischio, spesso viene deciso di impiantare un pacemaker elettronico.
Che cos’è un pacemaker elettronico?
È un dispositivo, di fatto un piccolo computer, delle dimensioni di mezzo pacchetto di sigarette, che viene impiantato in un tasca sottocutanea nel torace. I cateteri che portano il segnale elettrico al cuore vengono inseriti in una vena. I pacemaker sono in uso da circa cinquant’anni, e in Italia ne vengono impiantati ogni anno circa 50 mila.
Che cosa hanno fatto i ricercatori americani?
Con un esperimento di terapia genica, hanno veicolato nel cuore di alcuni maiali con blocco cardiaco completo (in cui cioè il pacemaker naturale del cuore era stato reso completamente non funzionante) un particolare gene. Il gene, chiamato TBX18, “trasportato” da un virus, è stato iniettato tramite un catetere in una regione del cuore dove normalmente non si genera l’impulso elettrico. La proteina espressa dal gene ha convertito le normali cellule cardiache in cellule specializzate nel generare l’impulso elettrico, di fatto dando vita a un pacemaker naturale alternativo a quello non più funzionante.
Quali sono le prime possibili applicazioni?
Secondo gli autori dello studio, questi pacemaker biologici potrebbero essere utilizzati innanzitutto per fare da “ponte” per le persone che devono rimuovere il dispositivo elettronico, per esempio per un’infezione, in attesa di impiantare un nuovo pacemaker. Un’altra ipotesi è quella di mettere a punto un trattamento per curare, ancora nell’utero, i feti affetti da blocco cardiaco congenito, un difetto raro che oggi può essere diagnosticato ma che non è possibile trattare prima della nascita.
Quanto si dovrà aspettare?
Il fatto che l’esperimento sia stato fatto sui maiali, animali grandi e con un cuore molto simile a quello dell’uomo, rende secondo i ricercatori non troppo distante la possibilità di una sperimentazione clinica. Gli autori dello studio hanno parlato di tre anni per un possibile inizio di test sull’uomo.