Roma, 14 mg. (AdnKronos Salute) - La riabilitazione dopo un tumore deve essere riconosciuta e rientrare nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) garantiti a tutti i cittadini. Oggi non è così, denuncia il VII Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato oggi al Senato nel corso della X Giornata nazionale del malato oncologico. E la mancanza di supporto socio-economico carica di oneri le famiglie, costrette a provvedere a proprie spese alle forme di assistenza non previste dal Ssn.
Le Associazioni dei pazienti, coordinate dalla Favo (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), chiedono dunque che la riabilitazione oncologica venga inserita tra le prestazioni previste dal Dpcm (Decreto del presidente del Consiglio dei ministri) sui Livelli essenziali di assistenza in corso di approvazione. Nel 2010 erano 2.587.347 gli italiani vivi dopo una diagnosi di tumore, il 4,4% della popolazione. I pazienti guariti, con un'attesa di vita paragonabile a quella delle persone non colpite da tumore, erano 704.648, il 27% di tutti i malati oncologici (20% uomini e 33% donne) e l’1,2% degli italiani.
Oggi sono più di 3 milioni (3.036.741) le persone vive dopo una diagnosi di cancro, il 4,9% dei connazionali, con un incremento del 17% rispetto al 2010. "Complessivamente, un malato di cancro su quattro può considerarsi guarito a tutti gli effetti: questi dati rappresentano un’inversione di tendenza rispetto al diffuso stigma cancro uguale morte - sottolinea Francesco De Lorenzo, presidente Favo - Ma non sappiamo se queste persone effettivamente conducano una vita normale". Da qui l'intenzione di una campagna informativa in grado di raggiungere i malati alla fine del trattamento della fase acuta e le persone guarite, per un’azione di prevenzione terziaria e di riabilitazione. Punto di partenza il libretto 'La vita dopo il cancro', realizzato da Favo e Aiom e che sarà presto disponibile nelle oncologie mediche e Associazioni di volontariato.
Nel 2014 i tumori hanno rappresentato la principale causa di riconoscimento sia dell’assegno ordinario di invalidità che della pensione di inabilità, con un trend in costante crescita negli ultimi anni.
"Il Servizio sanitario nazionale - afferma Carmine Pinto, presidente nazionale Aiom (Associazione Italiana di oncologia medica) - trascura sia la fase di riabilitazione post-trattamento acuto sia quella che segue alla remissione totale, argomentando, in maniera inaccettabile, che la riabilitazione oncologica è ricompresa nelle tipologie desunte dall''International Classification of Functioning, Disability and Health' (Icf) dell’Organizzazione mondiale della sanità".
Attualmente la riabilitazione oncologica viene inclusa all’interno di altre tipologie riabilitative, riferite alle patologie articolari, cardio-circolatorie, del linguaggio, dell’apparato digerente, urinarie, mentali e dell’autonomia comportamentale.
"Ma il tumore - evidenzia Elisabetta Iannelli, segretario della Favo - è una malattia diversa da tutte quelle elencate e determina bisogni riabilitativi specifici, non assimilabili agli altri. Si tratta di una omissione particolarmente penalizzante per i pazienti, perché gli esiti dei trattamenti anti-cancro possono causare difficoltà non solo fisiche ma anche cognitive, psicologiche, nutrizionali, sessuali, sociali e lavorative".