La presenza di alcune peculiarità, costanti e riconoscibili, nel microbioma intestinale dei bambini con autismo fa sperare che, in futuro, sarà possibile ricorrere a un semplice esame delle feci per confermare la diagnosi dei disturbi di questo spettro. Uno studio pubblicato su Nature Microbiology rafforza un filone ormai nutrito, ma ancora controverso di ricerche che individua nella flora intestinale un possibile fattore distintivo dell'autismo - se non addirittura, nelle interpretazioni più audaci e dibattute, una delle concause della malattia.
Autismo: tracce riconoscibili nell'intestino?
Un gruppo di scienziati dell'Università Cinese di Hong Kong ha analizzato il microbioma intestinale, ossia la totalità di geni espressi dai microrganismi intestinali, di oltre 1.600 bambini da 1 a 13 anni, alcuni dei quali affetti da autismo. Il team ha usato il machine learning per individuare possibili differenze tra i campioni fecali dei piccoli con autismo e quelli dei bambini non interessati da questo disturbo. Per la prima volta, lo studio ha riguardato non solo i batteri intestinali ma anche le altre tipologie di "abitanti" dell'intestino umano come funghi, virus e Archaea, un'altra divisione della vita cellulare.
Sono emersi 51 tipi di batteri, 18 di virus, 7 di funghi, oltre a una dozzina di processi metabolici, che risultano alterati nei bambini con autismo. In seguito, usando 31 biomarcatori (microrganismi o processi metabolici alterati in modo peculiare), è stato possibile individuare correttamente l'82% di bambini con autismo in un nuovo set di campioni fecali.
Vuol dire che la causa dell'autismo è da cercare nell'intestino?
No, o meglio non necessariamente. Ma la composizione alterata della flora intestinale potrebbe contribuire ad aggravare i sintomi della malattia. Con il termine autismo o, più precisamente, con l'espressione disturbi dello spettro autistico si intendono una serie di disturbi dello sviluppo neurologico di diversa gravità e sfumatura, caratterizzati da difficoltà nel linguaggio, nelle comunicazioni e nel contatto emotivo con i coetanei e con i genitori. Si ritiene che la genetica contribuisca in modo importante all'insorgere di questi disturbi, che dipenderebbero tuttavia anche da problemi che insorgono nelle prime fase di sviluppo del sistema nervoso durante la vita fetale.
«Mentre i fattori genetici svolgono un ruolo sostanziale nell'autismo, il microbioma potrebbe agire come un fattore che contribuisce modulando le risposte immunitarie, la produzione di neurotrasmettitori e le vie metaboliche», spiega Qi Su, specialista di biologia molecolare dell'intestino umano dell'Università di Hong Kong, tra gli autori dello studio. «Ciò non implica necessariamente una causalità, ma suggerisce che il microbioma potrebbe influenzare la gravità o l'espressione dei sintomi dello spettro autistico».
L'idea: test diagnostici più oggettivi e tempestivi
Se l'intuizione fosse validata da studi più ampi e convincenti, su campioni eterogenei di persone di diversa provenienza geografica, si aprirebbe la possibilità di mettere a punto test che vadano a ricercare nelle feci i biomarcatori trovati, e che possano confermare una diagnosi di autismo che oggi appare complicata da diversi fattori: per esempio, alcuni sintomi dei disturbi dello spettro autistico sono confondibili con quelli di altre condizioni, più o meno correlate.
L'autismo è un disturbo complesso, e prima di avere una diagnosi certa possono passare anni. Secondo Su, poiché i marcatori intestinali trovati offrono un'alta attendibilità sotto i 4 anni di età, test sull'autismo basati sull'esame delle feci potrebbero facilitare le diagnosi (e le terapie di supporto) precoci.
Altri scienziati restano scettici sull'affidabilità di questo metodo, e sottolineano che la relazione tra autismo e flora intestinale può essere falsata da tratti comportamentali: per esempio, dal fatto che i bambini con autismo sono spesso selettivi in fatto di cibo, una circostanza che potrebbe incidere sulla composizione dei microrganismi del tratto digerente.