Salute

Tumori: due mln italiani hanno sconfitto malattia

L'immunoterapia è l’arma per aumentare la sopravvivenza

Roma, 28 lug. (AdnKronos Salute) - Un vero e proprio esercito di cittadini che avanza diritti che spaziano dal ritorno al lavoro, all'accesso ai mutui bancari al desiderio di diventare genitori. Il 5% degli italiani vive oggi con una diagnosi di tumore. Sono oltre il doppio rispetto a 22 anni fa, in aumento costante (+3% l'anno). E almeno 1 milione e 800 mila persone possono affermare di avere sconfitto la malattia. Se ne è parlato oggi al convegno 'Le nuove frontiere della terapia. Il ruolo degli oncologi, delle Istituzioni, dei media per garantire appropriatezza e diritti dei pazienti' a Roma.

Il cancro sta diventando sempre più una malattia cronica con cui è possibile convivere a lungo o guarire: il 57% dei pazienti infatti ha ricevuto la diagnosi da oltre cinque anni, la soglia che tecnicamente equivale alla vittoria sulla malattia. E l'aumento della sopravvivenza è oggi possibile anche grazie a una nuova arma, l'immunoterapia che stimola il sistema immunitario a combattere il tumore.

"I passi in avanti della ricerca ci pongono di fronte a un radicale cambiamento della relazione con il paziente - afferma Francesco Cognetti, presidente della Fondazione 'Insieme contro il Cancro' - l'immunoterapia permette di sbloccare il freno che le cellule tumorali pongono al nostro sistema immunitario. E per i pazienti è più facile capire che il tumore non viene curato da una molecola esterna ma grazie al sistema immunitario".

"Va però denunciata - aggiunge Cognetti - l'arretratezza in cui versa il nostro Paese: in Italia, infatti, la comunicazione non fa ancora parte della preparazione professionale degli oncologi. I dati della letteratura internazionale dimostrano che una comunicazione efficace aumenta la soddisfazione e l'adesione alle terapie del malato oncologico, aiuta a prevenirne il 'burn out', cioè il logorio psicofisico dei clinici e a ridurre le controversie medico legali. È una vera e propria risorsa per il sistema sanitario in grado di garantire risparmi nel lungo periodo: in questo modo inoltre l'assistenza costerà meno".

"Uno dei punti dolenti dell'oncologia italiana - spiega Giorgio Scagliotti, direttore del Dipartimento di Oncologia all'Università di Torino - è la formazione dei futuri medici a una corretta comunicazione con il paziente. Nel nostro Paese, infatti, i giovani concludono il proprio iter tra Università e Specializzazione senza aver frequentato corsi, seminari o approfondimenti su questo aspetto che oggi riveste sempre più importanza".

Un problema molto diffuso e sentito: secondo un sondaggio condotto in tre oncologie di riferimento, circa il 60% dei clinici ritiene la propria formazione universitaria su questo punto poco adeguata (e un ulteriore 10% per nulla adeguata).

Solo il 30% degli oncologi ha avuto la possibilità di seguire corsi dedicati al tema e, di questi, solo la metà li ha effettivamente frequentati. In generale, in Italia il rapporto con il paziente è costruito più in base a caratteristiche personali e alla propria esperienza che non su competenze strutturate.

Nel 2014 nel nostro Paese sono stati registrati 365.500 nuovi casi di tumore (circa 1000 al giorno), di cui 196.100 (54%) negli uomini e 169.400 (46%) nelle donne. L'immunoterapia ha dimostrato ottimi risultati nel melanoma in fase avanzata che presentava percentuali di sopravvivenza di appena sei mesi, con un tasso di mortalità a un anno del 75%. E si stanno ottenendo ottimi risultati anche nel tumore del polmone metastatico dove per la prima volta è possibile parlare di pazienti vivi a tre anni.

La comunicazione medico-paziente influisce sulla cosiddetta 'compliance'. "Un tempo si parlava di aderenza al farmaco - sottolinea Sergio Pecorelli, presidente Agenzia italiana del farmaco (Aifa) - oggi, in modo più appropriato, l'attenzione è rivolta all'aderenza alla terapia perché la malattia, soprattutto nel caso dei tumori, raramente richiede soltanto un intervento farmacologico. Migliorare questo aspetto è un impegno nel quale tutti devono sentirsi coinvolti, dalle Istituzioni, ai clinici, alle associazioni dei pazienti, alle aziende farmaceutiche".

28 luglio 2015 ADNKronos
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