Roma, 20 lug. (AdnKronos Salute) - 'Il troppo stroppia', anche quando si tratta di lavoro. Secondo una ricerca britannica pubblicata su 'Lancet', infatti, accumulare ore alla scrivania può avere un impatto dannoso sulla salute. E basta lavorare un'ora più del dovuto ogni giorno per veder salire del 10% il rischio di incappare in un ictus nei successivi otto anni e mezzo. Naturalmente il pericolo si impenna per gli stakanovisti: lavorare 55 ore o più a settimana porta il pericolo ad aumentare di un terzo. Inoltre chi passa più tempo a lavorare è anche più incline a sviluppare una cardiopatia. Una cattiva notizia per i cardiologi britannici, che secondo il 'Telegraph' in media passano 61,5 ore al proprio posto.
Si ritiene che lo stress prolungato da lavoro possa scatenare alterazioni biologiche nell'organismo che, nel tempo, finiscano per aprire la strada a patologie anche molto insidiose. E "anche gli operatori sanitari dovrebbero essere consapevoli che lavorare troppo a lungo è associato con il rischio di ictus e forse di coronaropatie", spiega Mika Kivimaki dell'University College London. Gli studiosi hanno esaminato 25 studi su oltre 600 mila persone in Europa, Usa e Australia, seguite in media per 8,5 anni. L'aumento del rischio per i super-lavoratori è stato confermato, anche tenendo conto di fattori come fumo, consumo di alcolici e poca attività fisica. Tutti elementi che spesso accompagnano i lavori più stressanti.
Inoltre più a lungo si lavora, maggiore è il pericolo ictus. In particolare, secondo la ricerca le persone che lavorano tra 41 e 48 ore a settimana presentano un +10% del pericolo rispetto a quelle che si limitano all'orario standard. Dato che sale al 27% se si sta alla scrivania tra le 49 e le 54 ore. Superare le 55 ore a settimana, invece, comporterebbe un aumento del 33% del pericolo.
Per Mike Knapton della British Heart Foundation "questa ricerca mostra un'associazione tra le troppe ore di lavoro e l'aumento del pericolo di ictus e cardiopatie. E' plausibile che possa esserci una relazione causale" all'origine del fenomeno, "anche se questa non è dimostrata nello studio. La ricerca comunque - conclude - evidenzia l'importanza che i medici facciano particolare attenzione ai fattori di rischio cardiovascolare quando parlano a pazienti che lavorano molto".