Abituare il corpo a una dieta ricca di cibi grassi rischia di disattivare il meccanismo inibitorio con cui il cervello "mette un freno" alle calorie da ingerire.
Il cibo spazzatura non è soltanto un fattore di rischio per un gran numero di malattie croniche. Riesce anche a interferire con il nostro naturale sistema di regolazione alimentare, e in un arco di tempo relativamente breve: almeno nei ratti, due settimane di junk food sono sufficienti a far saltare questi fragili equilibri.
Circolo vizioso. Cervello e apparato digerente sono in costante comunicazione grazie soprattutto agli astrociti, cellule a forma di stella del sistema nervoso centrale che, tra le varie funzioni, reagiscono al consumo di grassi e calorie, riducendo il successivo consumo di cibo.
«Il problema è che con il passare del tempo, queste cellule sembrano desensibilizzarsi ai cibi ricchi di grassi», spiega Kirsteen Browning, professoressa di neuroscienze del Penn State College of Medicine. «Dopo 10-14 giorni di dieta ad alto contenuto di grassi e calorie, gli astrociti sembrano non riuscire più a reagire e l'abilità del cervello nel regolare l'apporto calorico va persa. Tutto questo ostacola i segnali inviati allo stomaco, che si sente sazio più tardi».
La forza dell'abitudine. Browning e colleghi hanno sottoposto gruppi di ratti a diete ricche di grassi e calorie oppure a diete standard (usate come controllo) per 1, 3, 5 o 14 giorni. Oltre a monitorare la quantità di cibo ingerito e il peso dei roditori, hanno usato tecniche di editing genetico per osservare con precisione la funzione degli astrociti nella regolazione dell'appetito.
Inibendo l'attività degli astrociti nel tronco encefalico (la struttura alla base del cervello che regola molte funzione involontarie, tra cui la digestione) la comunicazione tra cervello e stomaco risultava ridotta e con essa anche la capacità di porre un freno all'assunzione di calorie. Lo stesso risultato arrivava, "naturalmente", dopo settimane passate a rimpinzarsi di junk food: gli astrociti sembravano "anestetizzati", insensibili all'eccesso di calorie introdotte e incapaci di limitarne di nuove. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul Journal of Physiology.
Domande aperte. Come facciano gli astrociti a esercitare la loro funzione inibitoria è ancora da chiarire. La perdita di attività in queste cellule è la causa dell'eccesso di calorie ingerite, oppure è la risposta dell'organismo al troppo cibo? In ogni caso, proprio questo rapporto tra stomaco e cervello potrebbe essere preso di mira in nuovi trattamenti per contrastare l'obesità.
«Siamo curiosi di sapere se sia possibile riattivare l'abilità apparentemente perduta del cervello nel regolare l'assunzione di calorie. Se così fosse si potrebbero sviluppare interventi per ripristinare questa capacità nell'uomo», conclude Browning.