Circa tre passeggeri al mese contagiati da Ebola potrebbero imbarcarsi su voli internazionali provenienti dai tre paesi africani al momento interessati dall’epidemia, di qui alla fine dell’anno. È la previsione di uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet.
Da quando l’Oms, l’8 agosto, ha dichiarato Ebola un’emergenza di salute pubblica di rilevanza globale, le autorità politiche e sanitarie (oltre che la gente normale) si chiede che cosa rischiano i vari paesi del mondo, che cosa c’è da aspettarsi per i prossimi mesi e quali misure potrebbero essere più efficaci nel minimizzare i rischi di un’espansione dell’epidemia.
Lo studio fornisce una risposta proprio ad alcune di queste domande. Gli autori, un gruppo di ricercatori guidati da Kamran Khan del St Michael’s Hospital di Toronto, in Canada, giungono alla conclusione analizzando i tabulati dei voli previsti in tutto il mondo tra il 1 settembre e il 31 dicembre, i dati sul traffico aereo dell’anno scorso dai paesi interessati dall’epidemia, Guinea, Liberia e Sierra Leone, e i numeri ufficiali sull’andamento dell’epidemia. Le previsioni tengono inoltre conto delle attuali restrizioni imposte ai voli in Africa occidentale (ridotti di poco più della metà per la Liberia, del 66% per la Guinea e dell’85% per la Sierra Leone).
Destinazioni a rischio. Tre passeggeri al mese non sembrano un numero alto, certo sono un rischio. Una delle preoccupazioni sottolineate dagli autori dello studio è che la destinazione di oltre il 60% dei passeggeri provenienti da paesi africani dove è in corso l’epidemia è in paesi a basso e medio reddito (Ghana e Senegal in cima alla lista, seguiti dall’Inghilterra), dove è più difficile che ci siano sistemi sanitari efficienti in grado di intercettare e trattare subito eventuali pazienti e dove, quindi, Ebola avrebbe più probabilità di diffondersi.
Dove servono i controlli. I ricercatori prendono infine in considerazione l’efficacia dei controlli negli aeroporti, misura intrapresa di recente negli Stati Uniti e in Inghilterra. Uno screening dei passeggeri in sole tre città alla partenza in Africa, vale a dire a Conakry capitale della Guinea, a Monrovia in Liberia e a Freetown in Sierra Leone, è secondo gli autori quello che assicura il massimo dell’efficacia al minimo costo.
I controlli all’arrivo servirebbero invece a poco, pur costituendo uno sforzo economico imponente. Volendo controllare tutti i passeggeri in arrivo negli aeroporti con voli diretti dai tre paesi ci sarebbe da intervenire in 15 città.
Se addirittura i controlli dovessero essere fatti in tutti gli aeroporti con voli indiretti, il numero degli aeroporti da controllare salirebbe a 1.238.
Per questo motivo, gli autori dello studio invitano i decisori politici a investire meglio eventuali risorse aiutando a rafforzare e migliorare i controlli negli aeroporti africani. In più, come già altri esperti hanno sottolineato, suggeriscono di tenere in considerazione che ulteriori restrizioni del traffico aereo danno un falso senso di sicurezza, apparentemente impedendo l’arrivo di casi nei paesi occidentali, in realtà ritardando ulteriormente e pericolosamente l’arrivo di aiuti per fermare l’epidemia dove è assolutamente urgente: in Africa occidentale.