Con una serie di esperimenti che evocano le atmosfere dei romanzi gotici e dei film di fantascienza, due gruppi di ricercatori statunitensi hanno dimostrato – su topi – che infondere il sangue di individui giovani nel sistema circolatorio di esemplari anziani permette di ringiovanire il corpo e la mente.
Gli studi, pubblicati sulle riviste Nature Medicine e Science, hanno analizzato in particolare le funzioni mnemoniche e cognitive, la forza muscolare e la percezione degli odori. Tutte queste capacità, nonché la struttura di alcune aree chiave del cervello e quella dei muscoli, risultavano migliori negli animali anziani, quando il loro sistema circolatorio era stato congiunto, per via chirurgica, con quello di esemplari giovani, cosicché il sangue di questi ultimi circolasse anche nei primi. Per contro, questo intervento danneggiava invece i giovani, che complessivamente apparivano invecchiati.
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L'ingrediente misterioso. In una seconda serie di esperimenti, entrambi i gruppi hanno voluto capire quale componente del sangue fosse all'origine del fenomeno. I medici coordinati dall'Università di Stanford, autori dello studio sulla memoria, hanno quindi privato il sangue giovane delle sue cellule, e hanno iniettato il plasma così ottenuto nei topi vecchi, ottenendo un analogo incremento delle capacità cognitive e il ringiovanimento dell'ippocampo, la parte del cervello responsabile della formazione dei ricordi.
Il team del Dipartimento sulle cellule staminali e sulla medicina rigenerativa della Harvard University, autore degli studi sui muscoli e sull'olfatto, è invece andato ancora più avanti, identificando la proteina responsabile dell'effetto. Questa proteina si chiama GDF11 e si trova in abbondanza negli esemplari giovani, ma la sua concentrazione diminuisce con l'età; iniettarla nei topi anziani era sufficiente a ridare loro la forza muscolare e l'olfatto perduti.
Un farmaco? In esperimenti condotti negli anni scorsi, GDF11 si era già mostrata capace di ringiovanire il cuore. I ricercatori di Harvard, in collaborazione con un'azienda biotech, stanno ora studiando le tecniche che potrebbero permettere di usarla come farmaco, e intendono sperimentarla sull'uomo per verificare se sia in grado di rallentare il declino cognitivo nei malati di Alzheimer.